Umberto Boccioni
El Lissitzky
Con il cuneo rosso spezza il cerchio dei
bianchi (1920) e L'uomo nuovo (1923)
PROUN 5-A (1919)
Kasimir Malevic
Cerchio nero (1915)
Laslo Moholy- Nagy
Fotografie alla Bauhaus (1928)
LIGHT-SPACE MODULATOR (1922 -
1930)
Q1 SUPREMATISTIC (1923)
Piet Mondrian
Al lavoro sulla terra (1898)
Broadway boogie-woogie (1942 -1943)
Composizione (1930)
Diego Velazquez
Ritratto di Filippo IV (1624)
Ritratto dell'infanta donna Maria (1630)
Venere e Cupido (1651)
La famiglia di Filippo IV (las meninas)
(1656)
Fotografia alla
Bauhaus / Laslo Moholy-Nagy. (1928). Ancora nella Bauhaus di Dessau.
Difficile dire se se si tratta di una fotografia astratta o di una
composizione astratta in forma fotografica: il tema della
riproducibilità scientifica del reale è affrontato senza patemi o
drammi. La riproducibilità è adottata, con serenità e non manca una
altrettanto serena ironia.
LIGHT-SPACE
MODULATOR / Laslo Moholy-Nagy. (1922 - 1930). Composizione in
metallo, realizzata nel periodo del soggiorno in Germania e di
partecipazione alla Bauhaus di Dessau. È una costruzione che ha il
compito di catturare la luce e di organizzarla. Per Moholy si è
spesso scritto, con sicura riduzione delle sue intenzioni, di
optical art: arte ottica. L'artista ungherese concepisce
quest'opera, come molte altre, non come evento irripetibile, unico e
univoco, ma come fatto ripetibile, riassemblabile e rimodulabile;
costruisce una macchina visiva nella quale conta il funzionamento,
la regola più che la sua realizzazione in un originale indiscutibile
e definibile come 'opera d'arte'. Sono ammissibili centinaia di
repliche e riproduzioni, anzi la replica e la riproduzione sono la
nuova potenza dell'arte contemporanea e la frontiera con la quale si
deve misurare.
Q1 SUPREMATISTIC
/ Laslo Moholy-Nagy. (1923). L'astrattismo ha una radice europea,
anche se solo negli Stati Uniti ha trovato un ambiente di sviluppo
naturale. Laslo Moholy- Nagy, ungherese del 1895, lascia intorno al
1920 il paese natale per Parigi, dove conosce El Lissitzky, per poi
migrare in Germania, alla Bauhaus, e finire, come l'olandese Piet
Mondrian, negli United States dopo il 1934. L'incontro con il
suprematismo russo di El Lissitky è evidente fin nell'intitolazione
di quest'opera.
Al lavoro sulla
terra.- Mondrian.- 1898. Piet Mondrian ha trentasei anni. Ha
abbandonato Amsterdam per il Brabante ed è influenzato dalle
esperienze pittoriche locali. Linee, forme e colori si delineano
nette, oltre la figurazione. Quattordici anni dopo, contemporaneo
alla frequentazione degli ambienti parigini e soprattutto l'incontro
con Picasso e Braque, è l'albero di mele che fiorisce (1912). Qui la
figura inizia a divenire pretesto per un altra ricerca.
Cerchio nero.-
Malevic.- 1915. "Per suprematismo intendo la supremazia della
sensibilità pura nell'arte. Dal punto di vista dei suprematisti le
apparenze esteriori della natura non offrono alcun interesse; solo
la sensibilità è essenziale. L'oggetto in sé non significa nulla.
L'arte perviene col suprematismo all'espressione pura senza
rappresentazione". Verso l'essenza, come El Lissinky, l'ucraino
Kazimir Malevic (1878 - 1935), anch'egli vicino politicamente ai
Bolscevichi.
Con il cuneo rosso spezza il
cerchio dei bianchi (1920) e L'uomo nuovo (1923). El Lissitzky
diceva di buona parte della sua opera che era una stazione pittorica
verso l'architettura. Queste due stazioni (la prima era un manifesto
studiato per l'Armata Rossa impegnata nella guerra civile scatenata
dall'invasione delle armate dei 'bianchi') sono contrassegnate
dall'impegno rivoluzionario del pittore e il lavoro sul significato
diviene più forte di quello sul significante.
La citta che sale, Umberto
Boccioni (1910 / 1911). Il titolo originale era Il lavoro. È una
veduta della periferia milanese dove abita l'artista. Nella
parte superiore dell'opera ciminiere e impalcature, in primo piano
il movimento di uomini e cavalli, il lavoro, appunto, fuso in
un'unica massa plastica. Nulla di macchinico nel lavoro, per
Boccioni del 1910, dunque. Alcune critiche hanno fatto riferimento
al simbolismo per interpretare quest'olio su tela: probabilmente è
solo un modo di mettere in rappresentazione il lavoro, a Milano, nel
1910 e secondo la sensibilità dell'autore.
La citta è una tavola di
tematiche sovrapposte. Le linee della metropolitana, i semafori, i
circuiti elettrici e le luci dei neon, le arterie automobilistiche e
la musica urbana, il boogie, che assembla i diversi piani del
quadro. Si scrive che Mondrian fuggì nel 1940 dalla guerra in
Europa, è certamente verosimile; ma è ancor più verosimile che
fuggisse generalmente dall'Europa. New York era più
interessante di Berlino e anche di Parigi: le linee, qui,
diventavano forme. Piet Mondrian - Broadway boogie-woogie (1942
-1943)
Linee perpendicolari nere che
inquadrano i tre colori primari (rosso, giallo e blu), su fondo
bianco. Piet Mondrian in Europa, ancora europeo, nel 1930 e teorico,
in prassi e teoria, del plasticismo. La forma e il colore si
separano, divenendo generi diversi: la rappresentazione della realtà
perde qualsiasi relazione con la realtà empirica, come nella
contemporanea meccanica quantistica. Piet Mondrian - Composizione
(1930)
La casa e la collina sono
presenze geometriche forti e delineate, quasi sculture. La
contemporanea poetica degli impressionisti, tutta volta alla
percezione della realtà e alla rappresentazione di questa
percezione, è abbandonata come una sudditanza all'apparenza, quasi
frivola. A Cezanne interessa la struttura del reale. Un vago
richiamo a Giotto nello sfondo collinare svolto quasi in scala di
grigi.
La
montagna di Saincte-Victoire / Paul Cezanne. (1905 -1906). Quasi
trenta tele furono dedicate dall'artista a questo soggetto della
campagna provenzale. Cezanne scriveva di ispirarsi alle linee
geologiche di quel paesaggio, alla sua struttura e che solo
allora iniziava a "vederlo". E, usando le sue stesse parole, il
territorio, ridotto e studiato come struttura, diveniva un'
assenza di luogo, un posto senza posto. Qualcuno potrebbe far
pensare che la ricerca di Cezanne andasse coscientemente verso
la fine del figurativo, in verità, è proprio il contrario:
l'artista indagava la struttura stessa della figura e della
descrizione figurativa, anche se la ricerca di Cezanne ha
sicuramente fornito argomenti alla pittura astratta.
Natura
morta con comò / Paul Cezanne. (1882 - 1887). La natura morta
era un soggetto molto amato dagli impressionisti; anche se non
fu una loro invenzione, con loro, però, divenne un genere e
Cezanne era influenzato dalle contemporanee esperienze di Monet,
Sisley e di molti altri del 'movimento'. In questa tela, dove il
pittore risente fortemente delle lezioni dell'impressionismo, è
strabiliante la costruzione dello spazio e la sapienza nelle
scelte cromatiche.
Officine
a Porta Romana / Umberto Boccioni. (1909 - 1910). Boccioni
lavorò a quest'opera pochi mesi prima di pubblicare il Manifesto
tecnico della pittura futurista dell'aprile 1910. La periferia
milanese, in rapida trasformazione e opera in costruzione, è il
soggetto del quadro, come nella 'Città che sale' e altre tele
contemporanee. La tecnica usata è quella degli ultimi
impressionisti e del divisionismo, ma è la potenza del soggetto
urbano, rappresentato in tutta la sua cruda nitidezza, a
evidenziare una sensibilità nuova: la città industriale e Milano
sono protagoniste. Un modo figurativo di avvicinarsi alle
poetiche del futurismo.
Ritratto
di una futurista (1910) / Umberto Boccioni.
L'intitolazione di quest'opera non è univoca. Alcuni critici
propongono 'la fiamma' o 'testa femminile'. Nonostante il
decisivo incontro con Marinetti, Boccioni mantenne un
atteggiamento critico verso l'approccio troppo 'ideologico'
con il quale il poeta intendeva il futurismo. In questa tela
è, in effetti, una garbata critica alla dichiarazione di
guerra ai 'chiari di luna' espressa in molte occasioni da
Marinetti. Il ritratto è interpretabile anche come un chiaro
di luna trasfigurato ma soprattutto come una piacevole e
stupita apparizione dell'universo femminile.
Idolo moderno (1911) / Umberto
Boccioni. Come nel Ritratto di una futurista dell'anno precedente,
il mondo femminile è nuovamente protagonista. Inutile sottolineare
l'influenza dell'iconografia impressionista sulle donne nei bar o sulle
vedette; questa iconografia, però, è contaminata dalla presenza costante
delle nuove e imperanti tecnologie della modernità, anzi letta
attraverso questa contaminazione. L'idolo è quasi un idolo elettrico,
anche se una certa retorica ottocentesca innerva la rappresentazione.