Letture sparse


Jean Baudrillard (Reims 1929 - Parigi 2007)
L'AMERICA

Franco Berardi (1949, Bologna)
L'ANIMA AL LAVORO

George Berkeley (1685, Kilkenny - 1753, Oxford).
TRATTATO SUI PRINCIPI DELLA CONOSCENZA UMANA (1710)

Marc Bloch (Lione, 1886 - 1944)
LAVORO E TECNICA NEL MEDIOEVO 

Giovanni Borgognone
STORIA DEGLI STATI UNITI D'AMERICA

Gilles Deleuze (Parigi, 1925 -1996), Felix Guattari (Villeneuve Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992).
CHE COS'È LA FILOSOFIA?  

Bruno Migliorini (Roma, 1896 - Firenze, 1975)
STORIA DELLA LINGUA ITALIANA

Omero.
ILIADE

Baruch Spinoza (1630 - 1677. Amsterdam)
ETICA 

Publio Virgilio Marone (70 a.C Mantova - 19 a.C. Brindisi)
ENEIDE

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L'AMERICA / Jean Baudrillard (Reims 1929 - Parigi 2007).
Nel 1987 Baudrillard scriveva questo passo viaggiando negli Stati Uniti; oggi si può scrivere questo anche dell'Italia o della Francia, basterebbe sostituire solo alcune e poche parole.
"L'America è un gigantesco ologramma, nel senso che l'informazione totale è contenuta in ciascuno degli elementi. Si prenda la più insignificante stazione di servizio del deserto, una strada qualunque di una città del Middle West, un parcheggio, una casa californiana, un BurgerKing o una Studebaker, e si avrà tutta l'America, al sud, al nord, all'est e all'ovest ".
Riferimento bibliografico: L'America / Jean Baudrillard - Milano : Feltrinelli, 1987. 

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L'ANIMA AL LAVORO / Franco Berardi. Enfatizzando con troppo forza il ruolo della sfera del visibile per la nostra specie e la sua sfera conoscitiva, definendolo come parte ontologicamente determinante dell'umano, Franco Berardi descrive, però, un processo reale, concreto e percepibile, che se non conduce alle sue stesse conclusioni, induce ad affrontare quelle stesse argomentazioni, con altri occhi, magari.

"Quando però il digitale fa la sua comparsa nell'orizzonte della vita sociale, i fattori decisivi della relazione sociale si trasferiscono dalle sfera analogica (la sfera delle grandezze, dei corpi, delle pulsionalità) alla sfera algoritmica (i rapporti, le costanti, le simulazioni). La digitalizzazione comporta essenzialmente uno spostamento dell'ambito di manipolabilità: i prodotti sociali non sono più manipolabili materialmente, ma sono generati a livello concettuale. Il luogo in cui si producono le serie produttive, sociali, comunicative, è sottratto alla conoscenza sociale e perfino alla visibilità (...) non solo perché è una sfera clandestina (i laboratori di ricerca sottratti al giudizio e alla decisione democratica), ma anche perchè le operazioni si svolgono su scala nanotecnologica. L'orizzonte umanistico si fondava sulla premessa di Protagora 'l'uomo è la misura di tutte le cose'. (...) Questo non è più vero quando si diffondono le tecnologie dell'invisibile. Le 'cose' che contano e determinano la generazione di fenomeni sociali (...) non sono più a misura umana. (...) La politica si indebolisce perché tutto quello che si dà nella sfera del politicamente visibile non conta nulla, è puro spettacolo".

Riferimento bibliografico: L'anima al lavoro: alienazione, estraneità, autonomia / Franco Berardi Bifo. - Roma : Deriveapprodi, 2016 (pp. 266 - 267)

L'ANIMA AL LAVORO / Franco Berardi (1949, Bologna).
Il testo di Bifo è troppo spesso schematico nello sviluppo dei suoi assunti, come interessante negli assunti. È un'opera da scomporre e analizzare punto a punto, per concedere a quella maggiore respiro, che non le ha lasciato l'autore. Nulla da aggiungere, però, a questo passo che vale quasi come un programma, un'idea programmatica.

“La società non ha bisogno di più lavoro, di più posti di lavoro, di più competizione. Al contrario. Abbiamo bisogno di un enorme taglio del tempo di lavoro, una enorme liberazione della vita dalla fabbrica sociale, per poter ricostruire il tessuto della relazione sociale. Eliminare il legame tra lavoro e reddito libererà un'enorme quantità di energia per finalità sociali che non possono più fare parte dell'economia e dovrebbero tornare a essere forma di vita. Dato che la domanda si riduce e le fabbriche chiudono, la gente soffre di mancanza di danaro e non può comprare cose necessarie per la vita (…). Il doppio legame della sovrapproduzione non si può risolvere con mezzi economici, ma solo con un salto antropologico, l'abbandono della cornice economica che consiste nello scambio di lavoro e salario (…). L'idea che il reddito debba essere il premio di una prestazione è un dogma di cui dobbiamo assolutamente liberarci. Ogni essere umano ha il diritto di ricevere la quantità di danaro che è necessaria per la sopravvivenza. E il lavoro non ha nulla a che fare con questo. Il salario non è una cosa naturale della sfera sociale (…). Fino a quando la maggioranza dell'umanità non sarà libera dal nesso tra reddito e lavoro, la miseria e la guerra saranno la regola della relazione sociale” (pp. 276 - 277)

Riferimento bibliografico: L'anima al lavoro: alienazione, estraneità, autonomia / Franco Berardi Bifo. - Roma : Deriveapprodi, 2016 (pp. 276 - 277)


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TRATTATO SUI PRINCIPI DELLA CONOSCENZA UMANA (1710) / George Berkeley (1685, Kilkenny - 1753, Oxford). L'irriducibilità di ciò che l'autore chiama spirito alla logica ideativa e alla conoscenza percettiva: lo spirito è potenza e atto, non oggetto inerte.
" ... con la parola 'spirito' intendiamo soltanto ciò che pensa, vuole e percepisce: e questo soltanto costituisce il significato di quella parola, Se dunque è impossibile che un qualunque grado di quei poteri possa essere rappresentato con un'idea o nozione, è evidente che non può esistere idea o nozione di uno spirito. (...) Non c'è nulla di simile o di comune tra esse [spirito e idea], e pensare che con qualche moltiplicazione o qualche allargamento delle nostre facoltà possiamo divenire capaci di conoscere uno spirito come conosciamo un triangolo, appare tanto assurdo quanto pensare di poter vedere un suono".
Trattato sui principi della conoscenza umana / George Berkeley ; introduzione di Paolo Francesco Mugnai. - Bari : Laterza, 1984. - (UL, 655)


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Per una storia comparata delle società europee (1931) / Marc Bloch (Lione, 1886 - 1944)

"... l'educazione umanistica ci aveva assuefatto a considerare la Grecia e Roma come troppo simili a noi: il metodo comparativo, nelle mani degli etnografi, ci restituisce quasi attraverso una sorta di choc mentale, quella sensazione della differenza, dell'esotismo che è condizione indispensabile di ogni sana intelligenza del passato. (...) Mi riferisco a quelle usanze che, essendosi mantenute e cristallizzate dopo la disparizione dell'ambiente psicologico originale nel quale erano nate, ci sembrerebbero irriducibilmente bizzarre, se l'esame di casi analoghi, nell'ambito di altre civiltà, non ci permettesse di ricostruire con precisione l'ambiente che più non abbiamo (...)"

Riferimento bibliografico: Lavoro e tecnica nel medioevo / Marc Bloch ; prefazione di Gino Luzzato. - Roma ; Bari : Laterza, 1987. - (Universale Laterza, 103). p. 33


Per una storia comparata delle società europee (1928) / Marc Bloch (Lione, 1886 - 1944)

"... E sempre vero il vecchio adagio: anni di analisi per un giorno di sintesi. Si cita però troppo sovente questa massima, senza aggiungervi il necessario correttivo: l' 'analisi' non sarà utilizzabile ai fini della 'sintesi' che se, fin dal principio, non l'ha in vista e non si preoccupa di servirla. (...) La storia comparata ... animerà del suo spirito gli studi locali senza i quali essa non può nulla, ma senza la quale questi ultimi, a loro volta, non pervengono a nulla. In una parola finiamola ... di disvutere eternamente da storia nazionale a storia nazionale, senza mai comprenderci. Un dialogo tra sordi, nel quale ognuno risponde a sproposito alle domande dell'altro, è un vecchio artificio da commedia ... ma non è un artificio intellettuale assai raccomandabile"

Riferimento bibliografico: Lavoro e tecnica nel medioevo / Marc Bloch ; prefazione di Gino Luzzato. - Roma ; Bari : Laterza, 1987. - (Universale Laterza, 103). p. 66 - 71


Avvento e conquiste del mulino ad acqua (1935) / Marc Bloch (Lione, 1886 - 1944) [dove l'autore riesce a divenire fonte di analisi e interesse generale approfondendo un argomento di storia della tecnica]

" 'Roma - scrive Gautier - non aveva sulle forze della natura una dominazione che corrispondesse al livello della sua organizzazione politica'. Certo. Ma è lecito anche chiedersi se questa dominazione Roma l'abbia autenticamente auspicata. (...)  Nel tempo in cui Vespasiano - come racconta Svetonio - faceva ricostruire il Campidoglio, incendiato durante le ultime guerre civili, un artigiano gli propose una macchina che avrebbe permesso di trasportare, con poca spesa, le colonne sulla sommità del colle. Il principe ricompensò l'inventore, ma rifiutò l'invenzione: 'Che mi si lasci - egli disse - dar da mangiare al popolo minuto "

Riferimento bibliografico: Lavoro e tecnica nel medioevo / Marc Bloch ; prefazione di Gino Luzzato. - Roma ; Bari : Laterza, 1987. - (Universale Laterza, 103). p. 85


Avvento e conquiste del mulino ad acqua (1935) / Marc Bloch (Lione, 1886 - 1944) [Il pavimento del parlatorio nel monastero inglese di Sant-Alban]

"In questa piccola città dell'Hertfordshire [Saint-Alban], alla quale i monaci, suoi signori, rifiutavano ostinatamente ogni franchigia [al loro monopolio e diritto alla macinatura], l'esempio delle borghesie vicine incoraggiava una 'plebe' ... particolarmente 'indomabile'. (...) Una prima lite scoppiò nel 1274: confische di mole e di pezze di stoffe, violenze perpetrate sia dai commessi signorili, sia dai censuari; lega degli abitanti che, per far causa, costituiscono una cassa comune, ..., un tentativo da parte di donne di guadagnare alla loro causa la regina che l'Abate, del resto, aveva avuto la precauzione di far entrare nel monastero per una porta nascosta; lungo dibattimento davanti alla Corte reale con il risultato inevitabile della sconfitta dei recalcitranti (...). Successivamente, nel 1326 quando i borghesi reclamano una carta in cui ... fosse iscritto il diritto alla molatura domestica, scoppia la rivolta aperta e, per due volte, si ha un assedio del monastero. (...) Ma nel 1331 un nuovo abate ... entra in lotta. A colpi di processi egli riesce trionfatore. Le macine [domestiche] vengono portate nel monastero da tutta la città e di esse ... i religiosi lastricano il loro parlatorio"

Riferimento bibliografico: Lavoro e tecnica nel medioevo / Marc Bloch ; prefazione di Gino Luzzato. - Roma ; Bari : Laterza, 1987. - (Universale Laterza, 103). p. 104


Le 'invenzioni' medioevali (1935) / Marc Bloch (Lione, 1886 - 1944) [per una storia della tecnica e della cultura materiale]

"Nulla di più sconcertante ... nelle opere di storia comunemente offerte al pubblico che il silenzio sotto il quale si sono universalmente passate ... le vicissitudini dell'attrezzatura tecnica. (...) Storie rurali, i cui eroi ... sembrano lavorare la terra con dei pezzi di carta, storie amministrative tutte piene delle grandi azioni di un 'potere centrale' ... che sembra librarsi al di sopra di queste umili realtà che si chiamano strade, equipaggio dei cavalli, modo di nutrirli, distanze orarie (...). Non è che noi non possediamo, a proposito dell'attrezzatura tecnica delle società del passo, qualche lavoro utile. (...) Soprattutto queste ricerche rimangono ai margini delle correnti tradizionali dei nostri studi e come a rimorchio della 'grande storia'".

Riferimento bibliografico: Lavoro e tecnica nel medioevo / Marc Bloch ; prefazione di Gino Luzzato. - Roma ; Bari : Laterza, 1987. - (Universale Laterza, 103). pp. 202 - 203


Le 'invenzioni' medioevali (1935) / Marc Bloch (Lione, 1886 - 1944) [la staffa, le acconciature dei capelli e la contaminazione 'euroasiatica']

"La staffa fu un regalo di quei cavalieri delle steppe euroasiatiche, Alani e Sarmati, che l'insediamento dei loro popoli, come colonie militari, nell'impero romano, il lungo soggiorno dei Goti in prossimità loro, ... la comune fuga sotto l'incalzare degli Unni ... misero all'inizio del medioevo a contatto così stretto con il mondo occidentale. Quasi alla stessa epoca la Cina e, attraverso questa, il Giappone, sembrano aver ricevuto da essi lo stesso regalo, In questa maniera i cavalieri nomadi che di volta in volta minacciavano i sedentari dell'est e dell'ovest stabilirono tra queste società remote una sorta di collegamento. (...) È di moda oggi ... far procedere la storia dell'Asia e quella dell'Europa in colonne rigorosamente parallele. (...)[Ma] non ci ha mostrato recentemente Georgeds Bratianu come l'acconciatura, che nel XV secolo rendeva 'cornuta e ramuta' la silhouette delle donne cristiane, fosse un'imitazione e quasi una copia, trasmessa attraverso le corti levantine, di una accociatura cara alle eleganti cinesi della dinastia Hang?".

Riferimento bibliografico: Lavoro e tecnica nel medioevo / Marc Bloch ; prefazione di Gino Luzzato. - Roma ; Bari : Laterza, 1987. - (Universale Laterza, 103). pp. 208 - 209


Le 'invenzioni' medioevali (1935) / Marc Bloch (Lione, 1886 - 1944) [homo europaeus]

" ... aquisizioni e invenzioni portano ... la stessa testimonianza: quella di una notevole agilità della mano, dello sguardo e dello spirito. (...). L'homo europaeus, in altri termini, fu per eccellenza un homo faber, non soltanto perchè seppe creare, ma anche, per lo meno fino al XIX secolo, perchè egli seppe imitare o adattare e dalla fusione di questi apporti egli riuscì a costruire una civiltà della tecnica".

Riferimento bibliografico: Lavoro e tecnica nel medioevo / Marc Bloch ; prefazione di Gino Luzzato. - Roma ; Bari : Laterza, 1987. - (Universale Laterza, 103). p. 210


Come e perchè finì la schiavitù antica [appunti pubblicati postumi nel 1947] / Marc Bloch (Lione, 1886 - 1944) [allevamento degli uomini e i suoi limiti, tra tardo antico e alto medioevo]

"Lo schiavo è un cattivo lavoratore: ovunque il suo rendimento è stato valutato abbastanza basso. Inoltre esso rappresenta un capitale essenzialmente deperibile; (...). ... il padrone, il cui schiavo moriva, si ammalava o semplicemente invecchiava, doveva comprarne un altro; egli perdeva, al netto, la somma con la quale aveva pagato il primo. Si poteva, certo, al fine di colmare questo vuoto, fare affidamento sugli schiavi nati nella stessa casa, Non però per colmarli tutti. Tra tutti gli allevamenti quello dell'uomo è il più delicato. Questi inconvenienti non rivestivano carattere di grande gravità per tutto il tempo in cui la merce - schiavo rimase abbondante e, conseguentemente, a basso prezzo. (...) Ben presto, però, il reclutamento degli schiavi si fece più difficile. Il loro valore si accrebbe. Fu allora che ci si rivolse verso il sistema della tenure. Dacciamo il caso di uno schiavo insediato su un piccolo podere per proprio conto. Dal momento che egli vive in famiglie meglio organizzate, la sua stirpe si perpetua con maggior sicurezza; sui canpi che gli sono stati ceduti la qualità del suo lavoro è migliore; ... è dalla sua fatica che dipende quell'eccedenza di prodotti, dalla quale è condizionata la sua possibilità di vita. Rimaneva i servizi obbligatori sulle terre del padrone".

Riferimento bibliografico: Lavoro  e tecnica nel medioevo / Marc Bloch ; prefazione di Gino Luzzato. - Roma ; Bari : Laterza, 1987. - (Universale Laterza, 103). pp. 228 - 229

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[Il futuro della democrazia, osservandone il modello americano, secondo Alexis de Tocqueville intorno al 1840]
"Se cerco di immaginare il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini uguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari (...). Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare loro i beni e di sorvegliare sulla loro sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. (...) Così ogni giorno rende più raro l'uso del libero arbitrio, restringe l'azione della volontà in più piccolo spazio e toglie a poco a poco a ogni cittadino perfino l'uso di sè stesso"

Citazione da Democrazia in America / Alexis de Tocqueville (ca. 1840)in Storia degli Stati Uniti : la democrazia americana dalla fondazione all'era globale / Giovanni Borgognone. - Milano : Feltrinelli, 2016. - 2. ed. - (Universale economica Feltrinelli : Storia) p. 77 


[Niente di nuovo sotto il sole]
"Tutto ciò che questo paese desidera è di vedere i paesi vicini, stabili, in ordine e prosperi. [...] Infrazioni croniche o un'impotenza che derivi da un generale indebolimento dei legami con la civiltà potrebbero richiedere [...] l'intervento di qualche nazione civile, e nell'emisfero occidentale l'adesione degli Stati Uniti alla dottrina Monroe potrebbe forzare il paese, sia pur riluttante, all'esercizio di un potere di polizia internazionale" (dal messaggio annuale al Congresso del Presidente Theodore Roosvelt, 1904)
 
in Storia degli Stati Uniti : la democrazia americana dalla fondazione all'era globale / Giovanni Borgognone. - Milano : Feltrinelli, 2016. - 2. ed. - (Universale economica Feltrinelli : Storia) p. 145 


[Se Robert Kennedy non fosse caduto nella trappola della nomination democratica del 1968, questo splendido ragionamento sarebbe stato più realistico]
"Il PIL ... comprende l'inquinamento dell'aria, la pubblicità delle sigarette e le ambulanze per liberare le autostrade dalle carneficine. Mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte e le carceri per le persone che le forzano. (...) Comprende il napalm, le testate nucleari e le autoblindo della polizia per reprimere le rivolte nelle nostre città. (...) Tuttavia il PIL non calcola la salute dei nostri figli, nè la qualità della loro istruzione o la gioia nel loro giocare.(...) Non misura nè la nostra arguzia, nè il nostro coraggio, nè la nostra saggezza, nè il nostro apprendimento" (da Il Pil e la felicità / Robert Kennedy (1968) )
 
in Storia degli Stati Uniti : la democrazia americana dalla fondazione all'era globale / Giovanni Borgognone. - Milano : Feltrinelli, 2016. - 2. ed. - (Universale economica Feltrinelli : Storia) pp. 249 - 250


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CHE COS'È LA FILOSOFIA?. Gilles Deleuze (Parigi, 1925 -1996), Felix Guattari (Villeneuve Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992). Il piano dell'immanenza.
"Il caos (...) non è tanto caratterizzato dall'assenza di determinazioni quanto dalla velocità infinita con cui queste si profilano e svaniscono (...). Il caos (...) scioglie nell'infinito ogni consistenza.
Riferimento bibliografico: Che cos'è la filosofia? / Gilles Deleuze, Felix Guattarì ; a cura di Carlo Arcuri. - Torino : Einaudi, stampa 2016. - 9. rist. . - (PBE : nuova serie, filosofia ; 209) p. 5


CHE COS'È LA FILOSOFIA?. Gilles Deleuze (Parigi, 1925 -1996), Felix Guattari (Villeneuve Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992).
"Il caos (...) non è tanto caratterizzato dall'assenza di determinazioni quanto dalla velocità infinita con cui queste si profilano e svaniscono (...). Il caos (...) scioglie nell'infinito ogni consistenza. Il problema della filosofia è di acquisire una consistenza, senza perdere l'infinito in cui il pensiero è immerso"
Riferimento bibliografico: Che cos'è la filosofia? / Gilles Deleuze, Felix Guattarì ; a cura di Carlo Arcuri. - Torino : Einaudi, stampa 2016. - 9. rist. . - (PBE : nuova serie, filosofia ; 209) p. 33


CHE COS'È LA FILOSOFIA?. Gilles Deleuze (Parigi, 1925 -1996), Felix Guattari (Villeneuve Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992).
"Può darsi che i primi filosofi, e soprattutto Empedocle, avessero ancora l'aspetto di preti e anche di re. Prendono in prestito la maschera del saggio; per dirla con Nietzsche (...). Rimane il fatto che i primi filosofi tracciano un piano percorso senza sosta da movimenti illimitati, su due facce, una delle quali è determinabile come Physis, in quanto dà una materia all'essere, e l'altra come Nous, in quanto da un'immagine al pensiero. Anassimandro è  colui che pone il massimo rigore nella distinzione delle due facce, combinando il movimento delle qualità con la potenza di un orizzonte assoluto, L'Apeiron o l'Illimitato, ma sempre sullo stesso piano. Il filosofo fa compiere alla saggezza un'ampia deviazione, la mette al servizio dell'immanenza pura; sostituisce la genealogia con una geologia"
Riferimento bibliografico: Che cos'è la filosofia? / Gilles Deleuze, Felix Guattarì ; a cura di Carlo Arcuri. - Torino : Einaudi, stampa 2016. - 9. rist. . - (PBE : nuova serie, filosofia ; 209) p. 34 - 35


CHE COS'È LA FILOSOFIA?. Gilles Deleuze (Parigi, 1925 - 1996), Felix Guattari (Villeneuve Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992).
"L'arte e la filosofia ritagliano il caos e l'affrontano, ma non è lo stesso piano di taglio, non è lo stesso modo di popolarlo (...). L'arte non pensa meno della filosofia, ma pensa per affetti e percetti. Questo non impedisce che le due entità passino l'una nell'altra, in un divenire che le trascina entrambe, in un'intensità che le codetermina. La figura teatrale e musicale di Don Giovanni diventa personaggio concettuale con Kierkegaard e il personaggio di Zarathustra in Nietzsche è già una grande figura di musica e teatro.
Riferimento bibliografico: Che cos'è la filosofia? / Gilles Deleuze, Felix Guattarì ; a cura di Carlo Arcuri. - Torino : Einaudi, stampa 2016. - 9. rist. . - (PBE : nuova serie, filosofia ; 209) pp. 55 - 56 


CHE COS'È LA FILOSOFIA?. Gilles Deleuze (Parigi, 1925 - 1996), Felix Guattari (Villeneuve Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992).
"Già negli animali conosciamo l'importanza di attività dirette a formare territori, ad abbandonarli o uscirne, e anche a rifare territorio su qualcosa di altra natura (...). A maggior ragione l'ominide, che a partire dalla sua comparsa deterritorializza la sua zampa anteriore, la strappa dalla terra, e la riterritorializza su rami e utensili. Un bastone è a sua volta un ramo deterritorializzato. Bisogna vedere come ciascune, a qualunque età, nelle cose più minute come nelle prove più ardue, si cerca un territorio, sopporta o effettua delle deterritorializzazioni e si riterritorializza su qualunque cosa, un ricordo, un feticcio o un sogno.

Riferimento bibliografico: Che cos'è la filosofia? / Gilles Deleuze, Felix Guattarì ; a cura di Carlo Arcuri. - Torino : Einaudi, stampa 2016. - 9. rist. . - (PBE : nuova serie, filosofia ; 209) p. 58


CHE COS'È LA FILOSOFIA?. Gilles Deleuze (Parigi, 1925 - 1996), Felix Guattari (Villeneuve Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992).
"Se non c'è uno Stato democratico universale (...) è perchè la sola cosa che sia universale nel capitalismo è il mercato. Al contrario degli imperi arcaici che davano vita a surcodificazioni trascendenti, il capitalismo funziona come un'assiomatica immanente di flussi decodificati (flusso di danaro, di lavoro, di prodotti ...). Gli Stati nazionali (...) costituiscono i modelli di realizzazione di questa assiomatica immanente. (...) È come se la deterritorializzazione degli Stati moderasse quella del capitale e fornisse a quest'ultimo le riterritorializzazioni compensatorie"
Riferimento bibliografico: Che cos'è la filosofia? / Gilles Deleuze, Felix Guattarì ; a cura di Carlo Arcuri. - Torino : Einaudi, stampa 2016. - 9. rist. . - (PBE : nuova serie, filosofia ; 209) p. 99 - 100


CHE COS'È LA FILOSOFIA?. Gilles Deleuze (Parigi, 1925 - 1996), Felix Guattari (Villeneuve Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992).
"Non soltanto i nostri Stati, ma ognuno di noi, ogni democratico si trova a essere non già responsabile, ma macchiato di nazismo. C'è stata certamente una catastrofe, ma la catastrofe consiste nel fatto che la società dei fratelli o degli amici è passata attraverso una tale prova che questi non possono più guardare in faccia sè stessi o gli altri senza una 'fatica', forse una diffidenza (...). E la vergogna di essere uomo non la proviamo soltanto nelle situazioni estreme descritte da Primo Levi, ma anche in condizioni insignificanti (...). Noi non siamo responsabili delle vittime, ma di fronte alle vittime"
Riferimento bibliografico: Che cos'è la filosofia? / Gilles Deleuze, Felix Guattarì ; a cura di Carlo Arcuri. - Torino : Einaudi, stampa 2016. - 9. rist. . - (PBE : nuova serie, filosofia ; 209) p. 100 - 102


CHE COS'È LA FILOSOFIA?. Gilles Deleuze (Parigi, 1925 - 1996), Felix Guattari (Villeneuve Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992).
"(...) l'evento non si preoccupa del luogo in cui si trova e se ne infischia di sapere da quanto tempo esiste (...). Non è più il tempo a essere tra due istanti, è l'evento a essere un 'fra-tempo': il fra-tempo non è nell'ordine dell'eternità nè nell'ordine del tempo, è un divenire. (...) l'evento è sempre un tempo morto, là dove non succede nulla (...) ma tutto diviene (...). Non succede niente e tuttavia tutto cambia, perchè il divenire non cessa di ripassare attraverso le sue componenti e di trascinare altrove, in un altro momento, l'evento che si attualizza"
Riferimento bibliografico: Che cos'è la filosofia? / Gilles Deleuze, Felix Guattarì ; a cura di Carlo Arcuri. - Torino : Einaudi, stampa 2016. - 9. rist. . - (PBE : nuova serie, filosofia ; 209) p. 155

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 [La forza militare della lingua latina].
"Il servizio militare è un fattore di latinizzazione in quanto anche i soldati che avevano una lingua materna diversa dal latino si trovano immersi per lunghi anni in un ambiente di lungua latina plebea. Quando poi torneranno ai loro paesi d'origine, la loro qualità di veterani, di centurioni ecc. assìcurerà loro nella vita municipale una certa preminenza, e contribuirà ad accelerare il processo di latinizzazione".
Riferimento bibliografico: Storia della lingua italiana / Bruno Migliorini ; introduzione di Ghino Ghinassi. - Milano : Bompiani, 1987. - 5. ed. . - (Saggi tascabili ; 31) p. 15  


[L'evoluzione del latino e l'evoluzione dell'impero romano].
Dispiace scrivere una censura, ma lo si fa quando necessario e soprattutto quando il censurato è un autore di un'opera splendida come la Storia della Lingua italiana. Migliorini non considera il tipo di lingua che venne esportata dai romani nelle province. Il latino dei colonizzatori della Spagna fu il latino che si parlava nell'esercito del II secolo a.C, in Gallia quello del centenario seguente; in Africa e nei Balcani giunse quello del I o anche del II secolo dell'era volgare. La base di partenza era dunque profondamente diversa e questa differenza collaborò, insieme alle tracce delle diverse lingue prelatine, a creare un sostrato differenziato. Il latino parlato in Italia tese a perdere l'uscita consonantica molto presto (intorno al I secolo), ad esempio, e fu quello che colonizzò la parte balcanica dell'impero, mentre il latino gallicano e ispanico probabilmente la mantennero. Per di più, come giustamente nota lo studioso, la lingua parlata nella capitale rimase preminente fino al primo secolo dell'era volgare per la strutturazione di quella del resto dell'impero ma dopo gli Antonini l'evoluzione della lingua latina divenne policentrica, coniugandosi con la progressiva divisione amministrativa dell'impero e con l'estensione del reclutamento della truppa alle province. Certamente rimanendo l'istituzione imperiale individuata singolarmente, rimanendo una sola, essa favorì il viaggio delle parole da una regione all'altra e una sorta di aggiornamento e omologazione di ritorno.
Tutto questo ha comportato, annota Migliorini, una differenziazione linguistica per grandi aree (gallicana, hispanica, italiciana, illiriciana, africana) ma anche la conservazione di una forte omogeneità nella struttura della lingua e nella semantica. Anche se è corretto, a parer mio, immaginare due grandi aree morfologiche del latino parlato, una occidentale (Gallia e Hispania) e una orientale (Italia, Balcani e Africa).
Inoltre oltre che la morfologia delle parole, le diverse aree tendevano a separarsi per il loro significato. Nel V secolo Agostino, riporta Migliorini, scrisse alla madre che non usava alcune espressioni tipiche del latino parlato in Africa, perché in Italia non sarebbero state comprese, o meglio non sarebbero state correttamente interpretate. Probabimente Agostino non faceva riferimento al latino parlato dalla gente comune, ma a quello scritto e usato dalle elite, e dunque la differenziaizione linguistica era giunta al punto di imporsi persino nella cultura alta, proprio allo scopo di mantenere alla lingua scritta una diffusione al di fuori delle elite culturali.
Riferimento bibliografico: Storia della lingua italiana / Bruno Migliorini ; introduzione di Ghino Ghinassi. - Milano : Bompiani, 1987. - 5. ed. . - (Saggi tascabili ; 31) 


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ILIADE. Omero. L'invettiva di Achille contro Agamennone. (Canto I, p. 7-8))

Uomo impudente e avido di guadagno, quale mai degli Achei sarà pronto ad obbedirti, a seguirti nelle marce o nelle aspre battaglie? Non sono venuto qui a combattere a causa dei Teucri, a me nulla hanno fatto; non mi hanno rubato nè buoi nè cavalli, non mi hanno distrutto il raccolto nella fertile Ftia, terra di eroi; monti pieni d'ombra sono tra noi e il mare dai molti echi. Te abbiamo seguito, uomo senza vergogna, per tua soddisfazione, per l'onore di Menelao e per il tuo onore, bastardo, nei confronti dei Teucri. (...) Mai io ricevo un premio uguale al tuo, quando gli Achei distruggono una popolosa città dei Troiani; eppure sono le mie braccia a reggere il peso maggiore della guerra violenta; ma quando è il momento di spartire il bottino, a te tocca il dono più grande mentre io torno alle navi con il mio, piccolo e caro, dopo la fatica della battaglia.

Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio, stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio) 


ILIADE. Omero. Le schiere verso la battaglia. (Canto III, p. 49)
E quando furono tutti schierati coi loro capi, i Troiani avanzarono con grida e clamore, simili a uccelli, simili a gru che stridono in cielo quando fuggono l'inverno e le sue piogge incessanti, e gridando volano sulle acque di Oceano, mentre vanno a portar morte e rovina ai Pigmei; volano alte e annunciano una lotta mortale. In silenzio avanzavano invece gli Achei, spirando furore, decisi nel cuore ad aiutarsi l'uno con l'altro.

Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio, stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio)


ILIADE. Omero. Il volto nella polvere. (Canto IV, p. 81)
Giacquero così nella polvere, l'uno accanto all'altro, i due capi, uno dei Traci, l'altro degli Epei dalle corazze di bronzo, e intorno a loro molti altri furono uccisi. E certo, se qualcuno, non ancora colpito o ferito dalle armi di bronzo, fosse capitato in mezzo alla mischia, e Atena lo avesse preso per mano e guidato, tenendo lontana la furia dei dardi, nulla avrebbe avuto da dire: perchè molti Achei e molti Troiani in quel giorno giacquero gli uni accanto agli altri, il volto nella polvere.
Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio, stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio)


ILIADE. Omero.
Leggendo l'Iliade, a volte chiudo gli occhi sopra il cuscino, vedo gli eroi e le armi di bronzo, la terra, i carri e la polvere, sento la voce di Omero, lo immagino sotto un pergolato e il pergolato propone una bella ombra contro il sole del pomeriggio tra uomini e donne attenti a ripetere e tra bambini che chiedono meglio della lancia di Diomede o del colore e della forma degli occhi di Atena e del perchè si chiami anche Pallade. Sto così introducendo un sogno e presto dormirò in quello, leggendo.


ILIADE. Omero. La preoccupazione di Ettore per Andromaca. (Canto VI, pp. 124 - 125)
Io lo so bene nel cuore e nell'animo: verrà il giorno in cui perirà la sacra città di Ilio e con essa Priamo dalla lancia gloriosa. Ma al dolore dei Troiani io non penso, non penso ad Ecuba, al re Priamo ai miei valorosi fratelli che cadranno nella polvere uccisi dai nemici. Io penso a te, a quando qualcuno degli Achei vestiti di bronzo ti priverà della tua libertà e ti trascinerà via in lacrime; a quando in Argo dovrai tessere stoffe per un'altra donna o porterai acqua dalle fonti di Messeide o di Iperea, contro il tuo volere, costretta dalla dura necessità.
Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio, stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio)


ILIADE. Omero. La tregua per la sepoltura dei morti. (Canto VII, pp. 141 - 142)
Coi primi raggi il sole illuminava i campi, mentre dalle acque di Oceano calme e profonde saliva verso il cielo: e Troiani ed Achei si incontrarono gli uni con gli altri. Era difficile, allora, riconoscere ogni guerriero; con l'acqua lavavno il sangue e lo sporco. Ma il grande re Priamo non permetteva il compianto; ed essi allora in silenzio ammucchiavano i corpi sul rogo, col cuore dolente,  poi li diedero alle fiamme e tornarono a Ilio sacra. E così, dall'altra parte,  gli Achei dalle belle armature ammicchiavano i corpi sul rogo, col cuore dolente,  poi li diedero alle fiamme e tornarono alle concave navi.
Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio, stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio) 


ILIADE. Omero. I fuochi dei troiani nella notte. (Canto VIII, pp. 161 - 162)
Per tutta la notte sul campo stettero, pieni di orgoglio, e arsero fuochi a migliaia; come quando in cielo intorno alla luna splendente, brillano luminose le stelle quando nell'etere c'è calma di vento e all'improvviso tutte le vette dei monti appaiono e le cime più alte e le valli; si è aperto, in alto, il cielo infinito, tutti gli astri si vedono e il pastore gioisce nell'animo; così tra le navi e le acque dello Scamandro, brillavano i fuochi accesi dei Teucri davanti a Ilio; a migliaia ardevano nella pianura e intorno a ciascuno cinquanta uomini stavano, al bagliore della fiamma ardente. E intanto vicino ai carri, i cavalli si cibavano di orzo bianco e di spelta e attendevano l'Aurora dal bellissimo trono.
Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio, stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio) 


ILIADE. Omero. La carica di Agamennone contro le schiere troiane. (Canto XI, p. 207)
... e dove lo scontro era più fitto, lì si lanciò, lo seguivano gli Achei dalle belle armature; e i fanti uccidevano i fanti in fuga, i guerrieri sui carri uccidevano i loro avversari a colpi di lancia - e una nube di polvere si levava dalla pianura sotto i risonanti zoccoli dei cavalli. Il re Agamennone incalzava e continuava a uccidere incitando gli Achei. Come quando il fuoco funesto divampa in una fitta foresta e da ogni parte il vento turbinando lo porta, cadono i rami divelti dalla sua furia; così per mano del figlio di Atreo cadevano le teste  dei Troiani in fuga; e molti cavalli dalle teste suberbe trascinavano i carri vuoti e sonanti nel campo, piangendo i nobili aurighi; ma essi giacevano a terra, più cari agli avvoltoi che alle spose.
Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio, stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio)



ILIADE. Omero. Ettore contro la palizzata degli Achei. (Canto XII, pp. 230 - 231)
Come quando, circondato da cani e cacciatori, un cinghiale o un leone va avanti e indietro, fiero della sua forza, e gli uomini serrandosi formano un muro e gli stanno di fronte mentre fitti dalle loro mani piovono i colpi; ma il suo animo audace non trema, non teme, e il suo coraggio lo uccide; più volte si getta contro le file degli uomini, che cedono sotto il suo assalto. Così si aggirava Ettore tra le schiere e supplicava i compagni incitandoli a varcare il fossato. Ma non osavano i cavalli veloci, e ritti sul bordo estremo mandavano alti nitriti; li atterriva il largo fossato, difficile da saltare, difficile da attraversare; per tutta la sua lunghezza e da entrambe le parti le sponde cadevano ripide e sopra vi erano piantati dei pali aguzzi: alti e fitti li avevano posti gli Achei per difendersi contro i nemici ...

Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio, stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio) 


ILIADE. Omero. Ettore espugna il muro degli Achei. (Canto XII, pp. 242 - 243)
Arrivò vicinissimo Ettore, si fermò, e con tutte le forze colpì nel mezzo, ben saldo sulle gambe perchè il colpo fosse più forte: spezzò entrambi i cardini. Piombò dentro il macigno con tutto il suo peso (...) i battenti andarono in pezzi per la violenza del colpo. Balzò Ettore dentro glorioso, rapido come la notte; splendeva terribile il bronzo che rivestiva il suo corpo, aveva due lance in mano, nessuno avrebbe potuto affrontarlo e fermarlo quando passò oltre la porta, nessuno, se non un dio; come fuoco aveva gli occhi. Voltandosi verso i guerrieri, gridava ai Troiani di oltrepassare il muro; essi obbedirono al grido e subito alcuni lo scavalcarono, altri si riversarono attraverso la porta ben costruita. Fuggirono i Danai verso le concave navi. Si levò un immenso tumulto.
Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio, stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio)




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ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677. Amsterdam). Spinoza rinunciò alla pubblicazione di quest'opera che aveva presentato nel 1675, dopo le resistenze dell'editore e le censure di ateimo che provenivano da molti ambienti e soprattutto dal dogmatismo calvinista che in Olanda, nei fatti, era stato innalzato a confessione certamente preferita quando non ufficiale. L'Etica sarà pubblicata postuma ad opera di amici del filosofo. Baruch, ai tempi del liceo, era un gradino sopra gli altri, sopra Cartesio e Leibniz, per me una specie di nuovo Aristotele; poi lo dimentichi e poi ti ricapita in mano l'Etica.

"PARTE PRIMA. DIO. DEFINIZIONI.
I. Per causa di sé intendo ciò la cui essenza implica l'esistenza, ossia ciò la cui natura non può essere concepita che come esistente.
II. Si dice finita nel suo genere una cosa che può essere limitata da un'altra della stessa natura (...)
III. Per sostanza intendo ciò che è in sè ed è concepito per sé: ossia ciò il cui concetto non ha bisogno del concetto il concetto di un'altra cosa dal quale debba essere formato.
IV. Per attributo intendo ciò che l'intelletto percepisce della sostanza come costituente la sua stessa essenza.
V. Per modo intendo le affezioni della sostanza, ossia ciò che è in altro per mezzo del quale è stato concepito.
VI. Per Dio intendo l'ente assolutamente infinito, cioè la sostanza che consta di infiniti attributi, ognuno dei quali esprime un'essenza eterna e infinita.

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 p. 85  


ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677. Amsterdam). La perfezione della natura sta nella sua stessa esistenza, poiché l'esistenza si identifica con l'essenza e l'essenza si identifica con l'esistenza. Proprio perché perfetti la natura e Dio non hanno scopi, fini e obiettivi perché questi sarebbero un esterno, e quindi un limite a Dio e alla natura universale. È facile comprendere come Spinoza non riuscisse a trovare un editore per l'Ethica nell'Olanda contemporanea.

"PARTE PRIMA. DIO.
DEFINIZIONE VII. Si dice libera quella cosa che esiste per sola necessità della sua natura (...); invece si dice necessaria (...) quella cosa che è condizionata ad esistere (...) da qualcos'altro (...)
DEFINIZIONE VIII. Per eternità intendo l'esistenza stessa (...)
ASSIOMA 2. Ciò che non può essere concepito per mezzo di qualcos'altro, deve essere concepito per sé.
PROPOSIZIONE VII. Esistere è proprio della natura della sostanza.
SCOLIO I. Poichè in realtà l'essere finito è parzialmente una negazione e l'essere infinito è un'assoluta affermazione dell'esistenza di una natura risulta (...) che ogni sostanza deve essere infinita.
PROPOSIZIONE IX. Quanto più una cosa possiede realtà o essere, tanti più attributi le competono.
PROPOSIZIONE XI. Dio, cioè la sostanza costituita da una infinità di attributi ognuno dei quali esprime un essenza infinita, esiste necessariamente.

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 86 - 96 


ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam).  Secondo Spinoza Dio non è libero, neppure in maniera assoluta: immaginare la libertà di Dio è un controsenso. Dio non conosce nè la libertà nè la necessità, mentre l'ordine delle cose naturali è certamente necessario, sotto punto di vista delle cose, ma non sotto quello di Dio. L'assoluta superiorità di Dio in Spinoza è certamente un retaggio biblico, straordinariamente elaborato.

"PARTE PRIMA. DIO.
PROPOSIZIONE XXXII. La volontà non può essere chiamata causa libera ma solo causa necessaria.
COROLLARIO I. (...) Dio non opera mediante la libertà della sua volontà.
PROPOSIZIONE XXXIII. Le cose non possono essere state prodotte da Dio in alcun altro modo e in alcun altro ordine se non come sono stete prodotte.
PROPOSIZIONE XXXIV. La potenza di Dio è la sua stessa essenza.
DIMOSTRAZIONE. Dio è causa di sé e di tutte le cose. Quindi la potenza di Dio, per la quale egli stesso e tutte le cose agiscono, è la sua stessa essenza.
APPENDICE. Con i miei argomenti ho spiegato la natura di Dio e le sue proprietà e cioè: che egli esiste necessariamente; che è e agisce per la sola necessità della sua natura; che è causa libera di tutte le cose; (...) che tutte le cose sono in Dio e dipendono da lui in modo tale che non possono essere nè essere concepite senza di lui; e, infine, che tutte le cose sono state predeterminate da Dio, non già dalla sua libera volontà e dal suo assoluto beneplacito, ma dalla assoluta natura di Dio, cioè dalla sua infinita potenza.

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 111 - 121


Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). L'etica è un componente della fisica, non in quanto appartiene a quella disciplina ma perché del modo fisico, 'scientifico', di considerare la natura (e quindi Dio e le sue leggi) è parte integrante anche la 'fisica delle idee', dell'intelletto, delle volizioni e delle percezioni.
La mente non si sottrae al determinismo naturale e alle sue leggi, la mente è 'scientificamente determinabile'.

PARTE SECONDA. NATURA E ORIGINE DELLA MENTE.
PROPOSIZIONE XXXVI. Le idee inadeguate e confuse si svolgono con la stessa necessità delle idee adeguate, ossia chiare e distinte.
COROLLARIO II. È proprio della natura della Ragione concepire le cose sotto una certa specie di eternità.
DIMOSTRAZIONE. La Mente umana ha idee con le quali percepisce sè, il proprio corpo e i corpi esterni come esistenti in atto: perciò ha una conoscenza adeguata dell'essenza eterna e infinita di Dio.
PROPOSIZIONE XLVIII. Nella Mente non vi è alcuna volontà assoluta e libera, ma la Mente è determinata a volere questo o quello da una causa che è anch'essa determinata da un'altra, e questa a sua volta da un'altra, e cos' all'infinito.
COROLLARIO. Volontà e intelletto sono una sola e medesima cosa.

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 165 - 180


ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Volontà, Appetito e Desiderio e la chimica delle passioni o meglio degli stati d'animo.

PARTE TERZA. ORIGINE E NATURA DEGLI AFFETTI.
PROPOSIZIONE IX. La Mente, sia in quanto ha idee chiare e distinte, sia in quanto ha idee confuse, si sforza di perseverare nel suo essere per una certa durata indefinita, ed è consapecole di questo suo sforzo.
SCOLIO. Quando questo sforzo si riferisce alla sola Mente si chiama Volontà; quando invece si riferisce sia alla Mente che al Corpo si chiama Appetito, il quale dinque non è altro che l'essenza dell'uomo dalla cui natura derivano necessariamente le cose che servono alla sua conservazione, e perciò è determinato a compierle. (...) il Desiderio è l'Appetito unito alla coscienza di sé. Da tutto ciò risulta che noi tendiamo a una cosa non (...) perché giudichiamo che sia buona, ma al contrario giudichiamo che sia buona perché ci sforziamo di ottenerla, perché la vogliamo, la appetiamo e la desideriamo.
PROPOSIZIONE X. Un'idea che esclude l'esistenza del nostro Corpo non può essere data nella nostra Mente, bensì le è contraria.
PROPOSIZIONE XI. Di tutto ciò che aumenta o diminuisce, favorisce o impedisce, la potenza di agire del nostro Corpo, l'idea stessa aumenta o diminuisce, favorisce o impedisce, la potenza di pensare della nostra Mente.

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 189 - 197


ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Volontà, Appetito e Desiderio sono elementi basilari della chimica delle passioni o meglio degli stati d'animo in Spinoza, come se dalla macchina del tempo fossero scivolati alcuni appunti a Freud.

PARTE TERZA. ORIGINE E NATURA DEGLI AFFETTI.
PROPOSIZIONE IX. La Mente, sia in quanto ha idee chiare e distinte, sia in quanto ha idee confuse, si sforza di perseverare nel suo essere per una certa durata indefinita, ed è consapecole di questo suo sforzo.
SCOLIO. Quando questo sforzo si riferisce alla sola Mente si chiama Volontà; quando invece si riferisce sia alla Mente che al Corpo si chiama Appetito, il quale dunque non è altro che l'essenza dell'uomo dalla cui natura derivano necessariamente le cose che servono alla sua conservazione, e perciò è determinato a compierle. (...) il Desiderio è l'Appetito unito alla coscienza di sé. Da tutto ciò risulta che noi tendiamo a una cosa non (...) perché giudichiamo che sia buona, ma al contrario giudichiamo che sia buona perché ci sforziamo di ottenerla, perché la vogliamo, la appetiamo e la desideriamo.
PROPOSIZIONE X. Un'idea che esclude l'esistenza del nostro Corpo non può essere data nella nostra Mente, bensì le è contraria.
PROPOSIZIONE XI. Di tutto ciò che aumenta o diminuisce, favorisce o impedisce, la potenza di agire del nostro Corpo, l'idea stessa aumenta o diminuisce, favorisce o impedisce, la potenza di pensare della nostra Mente.

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 198 - 200


ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Per Baruch gli stati d'animo vivono in associazione tra di loro e condividono le stesse cause: letizia e di tristezza possono avere la medesima occasione esterna. La mente vive in uno stato di normale e naturale dubbio emotivo e le emozioni non conoscono temporalità, ma vivono al di fuori del tempo e sono sempre presenti a sè medesime.

PARTE TERZA. ORIGINE E NATURA DEGLI AFFETTI.
PROPOSIZIONE XII. La Mente, per quanto può, si sforza di immaginare ciò che aumenta o favorisce la potenza del Corpo.
SCOLIO. (...)l'Amore non è altro che Letizia accompagnata dall'idea di una causa esterna e l'Odio non è che Tristezza accompagnata dall'idea di una causa esterna.
PROPOSIZIONE XIV. Se la Mente è stata affetta una volta da due affetti contemporaneamente, quando in seguito sarà affetto da uno solo dei due, lo sarà anche dall'altro.
PROPOSIZIONE XVIII. L'uomo, dall'immagine di una cosa passata o futura, è impressionato con lo stesso affetto di Letizia o di Tristezza come dall'immagine di una cosa presente.

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 200 - 206 


ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Gli stati d'animo possono generarsi per immedesimazione e proiezione. L'idea della libertà di un'azione aumenta lo stato d'animo che provoca. L'idea della loro natura libera, in genere, aumenta l'intensità degli affetti.

PARTE TERZA. ORIGINE E NATURA DEGLI AFFETTI.
PROPOSIZIONE XLVI. Se uno è stato affetto da un altro, di una classe o di una nazione diversa dalla sua, con una Letizia o una Tristezza accompagnate, come causa, dall'idea di costui considerato sotto il nome della classe o della nazione; non solo odierà o amerà costui, ma tutti quanti della stessa classe o nazione.
PROPOSIZIONE XLIX. L'Amore e l'Odio verso una cosa che immaginiamo libera devono essere entrambi maggiori, a parità di causa, che verso una cosa necessaria.
DIMOSTRAZIONE. Una cosa che immaginiamo libera deve essere percepita per sè senza bisogno di altre.
SCOLIO. (...) gli uomini, poichè si ritengono liberi, hanno verso i loro simili maggiore Amore o Odio, che non verso le altre cose.

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 230 - 232


ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Di tutti gli affetti sono il Desiderio e la Letizia a fornire il motore fondamentale della fisica emotiva, del movimento emotivo. Tutti gli stati d'animo sono il prodotto diretto e indiretto di Letizia e Desiderio.

PARTE TERZA. ORIGINE E NATURA DEGLI AFFETTI.
PROPOSIZIONE LIII. Quando la Mente considera sè stessa e la sua potenza di agire si allieta; e tanto di più quanto più distintamente immagina sè e la sua potenza di agire.
PROPOSIZIONE LVII. Qualsiasi affetto di ciascun individuo differisce da quello di un altro, quanto l'essenza dell'uno differisce dall'essenza dell'altro.
DIMOSTRAZIONE. (...) il Desiderio è la natura stessa o essenza di ciascuno, quindi il Desiderio di ciascuno differisce da quello di un altro, quanto la natura o essenza dell'uno differisce da quella dell'altro.
PROPOSIZIONE LIX. Fra tutti gli affetti che si riferiscono alla mente in quanto agisce non ve n'è alcuno che non si riferisca alla Letizia o al Desiderio.
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 237 - 244


ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Il bene o il male possono essere considerati anche come stati d'animo e passioni tra le altre passioni. La conoscenza è anche un affetto poichè è felicità della Mente ed è tangente al bene, quando venga considerato come stato d'animo.

PARTE QUARTA. LA SCHIAVITÙ UMANA, OSSIA LE FORZE DEGLI AFFETTI.
PROPOSIZIONE XIV. La conoscenza vera del bene e del male, in quanto vera, non può ostacolare alcun affetto, ma solo in quanto è considerata come un affetto.
DIMOSTRAZIONE DELLA PROPOSIZIONE XXII. Lo sforzo di conservare sè stesso è l'essenza stessa di una cosa. Se quindi si potesse concepire una virtù anteriore a questa (...) l'essenza stessa di una cosa sarebbe concepita anteriore a sè stessa, il che è assurdo.
PROPOSIZIONE XXVI. Tutti i nostri sforzi intrapresi seguendo la ragione si riducono al comprendere; e la Mente, in quanto si serve della ragione, giudica che le sia utile ciò che conduce alla comprensione.
DIMOSTRAZIONE. (...) Dunque tutto ciò che ci sforziamo di fare con la ragione non è altro che il comprendere (...). La Mente, in quanto pensa razionalmente, non potrà concepire niente di buono per sé se non ciò che conduce alla comprensione.

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 278 - 286 


ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Il bene produce uno stato d'animo piacevole e utile ma è anche un prodotto della ragione e per entrambe le cose concordabile e socializzabile.

PARTE QUARTA. LA SCHIAVITÙ UMANA, OSSIA LE FORZE DEGLI AFFETTI.
PROPOSIZIONE XXXV. Solo nella misura in cui gli uomini vivono sotto la guida della ragione, concordano sempre necessariamente per natura.
COROLLARIO. In natura non c'è cosa singola che sia più utile all'uomo dell'uomo che vive sotto la guida della ragione. (...) l'uomo agisce in tutto e per tutto secondo le leggi della propria natura, quando vive sotto la guida della ragione e solo in questa misura concorda sempre necessariamente con la natura di un altro uomo; quindi non c'è niente, tra le cose singole, di più all'uomo che l'uomo.
SCOLIO. Quello che ho appena mostrato è confermato ogni giorno dall'esperiennza stessa, con tante e così chiare testimonianze che sulla bocca di tutti c'è il detto: l'uomo è un Dio per l'uomo.
PROPOSIZIONE XXXVI. Il sommo bene di coloro che seguono la virtù è comune a tutti e tutti ne possono equamente godere.

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 292 - 294


ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). La libertà nell'uomo lo pone sopra il bene e il male.

PARTE QUARTA. LA SCHIAVITÙ UMANA, OSSIA LE FORZE DEGLI AFFETTI.
DIMOSTRAZIONE (PROPOSIZIONE LXVII). L'uomo libero, cioè colui che vive sotto la guida della ragione, non è guidato dalla Paura della morte ma desidera direttamente il bene, cioè agire, vivere, conservare il proprio essere avendo come fondamento la ricerca del proprio utile: perciò a nulla pensa meno che alla morte e la sua saggezza è una meditazione della vita.
PROPOSIZIONE XLVIII. Se gli uomini nascessero liberi non formerebbero alcun concetto di bene e di male, finchè rimanessero liberi.
PROPOSIZIONE LXXII. L'uomo libero non agisce mai con frode ma sempre in buona fede.
SCOLIO (PROPOSIZIONE LXXIII). [L'uomo forte] è fermamente convinto che tutte le cose derivano dalla necessità della natura divina; e perciò ogni cosa che egli ritiene molesta o cattiva (...) lo è perché egli concepisce le cose stesse in modo turbato, incompleto e confuso (...): per questo motivo egli si sforza di (...) eliminare gli ostacoli alla conoscenza vera, che sono l'Odio, l'Ira, l'Invidia, la Superbia ecc.

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 325 - 330


ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Nell'appendice della quarta parte dell'opera l'autore riassume la natura e tipologia del Desiderio, il bene che consegue dal Desiderio retto da ragione e la relazione tra felicità e Bene.

PARTE QUARTA. LA SCHIAVITÙ UMANA, OSSIA LE FORZE DEGLI AFFETTI.
APPENDICE. CAPITOLO I. Tutti i nostri sforzi, o Desideri, seguono dalla necessità della nostra natura in modo da poter essere compresi o solo mediante essa quale loro causa prossima, o in quanto noi siamo parte della natura che non si può concepire per sè sola senza gli altri individui.
APPENDICE. CAPITOLO III. Le nostre azioni, ossia quei Desideri che si definiscono mediante la potenza dell'uomo, ossia mediante la ragione, sono sempre buone (...).
APPENDICE. CAPITOLO V. Non c'è vita razionale (...) senza intelligenza e le cose sono buone solo nella misura ìn cui aiutano l'uomo a fruire della vita della Mente, che è definita dall'intelligenza.
APPENDICE. CAPITOLO IX. Niente può accordarsi di più con la natura di una cosa se non gli individui della medesima specie;  e quindi per conservare il proprio bene e fruire della vita razionale, niente è più utile all'uomo che un uomo guidato dalla ragione.

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 331 - 335 


ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Nell'appendice della quarta parte dell'opera l'autore riassume anche la componente sociale del Desiderio e della felicità, il bene, che consegue dal vivere in comunità e dal trasformare la natura, prende forme anche inusuali.

PARTE QUARTA. LA SCHIAVITÙ UMANA, OSSIA LE FORZE DEGLI AFFETTI.
APPENDICE. CAPITOLO XXVI. Tranne gli uomini, non conosciamo in natura alcuna cosa singola di cui si possa godere con la Mente, e alla quale ci si possa legare con amicizia e con qualche tipo di consuetudine (...).
APPENDICE. CAPITOLO XXVII. L'utilità che traiamo dalle cose che sono fuori di noi, oltre all'esperienza e alla conoscenza che acquisiamo dall'osservarle e dal trasformarle da una forma all'altra, è soprattutto la conservazione del corpo. (...) più il corpo è adatto a essere affetto in molti modi, e a modificare in molti modi i corpi esterni, tanti più la Mente è adatta a pensare (...)
APPENDICE. CAPITOLO XXVIII. Per procurarsi tali cose ... le forze di ognuno sarebbero a stento sufficienti se gli uomini non si prestassero reciproco aiuto.  Ma il denaro ha fornito un vero compendio di tutte le cose; per cui è accaduto che la sua immagine suole occupare moltissimo la Mente del volgo (...)

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 337 - 338


ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Dove Spinoza spiega che è possibile cambiar di segno alle energie che provengono dagli affetti e dalle passioni e farne sempre degli affetti e passioni positive.

PARTE QUINTA. LA POTENZA DELL'INTELLETTO, OSSIA LA LIBERTÀ UMANA.
PROPOSIZIONE III. Un affetto, che è una passione, cessa di essere passione non appena ce ne formiamo un'idea chiara e distinta.
COROLLARIO. Un affetto, quindi, è tanto più in nostro potere, e la Mente tanto meno è passiva, tanto più ci è noto.
SCOLIO. Bisogna dunque adoperarsi di conoscere, per quanto è possibile, ogni affetto in modo chiaro e distinto, affinchè (...) l'affetto stesso sia separato dalla causa esterna e congiunto a pensieri veri (...).Per esempio è proprio della natura umana che ognuno desideri che gli altri vivano secondo il suo talento, e questo affetto nell'uomo non guidato dalla ragione, è una passione che viene detta Ambizione, ... e al contrario nell'uomo che vive secondo i dettami della ragione è un'azione, ossia una virtù, che si chiama Moralità (...).

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 346 - 348


ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Dove Spinoza spiega come è possibile per la mente governare gli affetti e le passioni e come la perfezione della Mente, vista dal punto di vista di Dio, sia immune dalle passioni.

PARTE QUINTA. LA POTENZA DELL'INTELLETTO, OSSIA LA LIBERTÀ UMANA.
PROPOSIZIONE VI. Nella misura in cui la Mente comprende tutte le cose come necessarie, essa ha un maggior potere sugli affetti (...).
DIMOSTRAZIONE. La Mente comprende che tutte le cose sono necessarie e sono determinate ad esistere e ad operare da un nesso causale infinito.
DIMOSTRAZIONE DELLA PROPOSIZIONE IX. Un affetto è cattivo o dannoso solo nella misura in cui impedisce che la Mente possa pensare (...).
PROPOSIZIONE XVII. Dio è immune da passioni e non prova alcun affetto di Letizia o di Tristezza (...).
DIMOSTRAZIONE. Tutte le idee, in quanto si riferiscono a Dio, sono vere, cioè adeguate e perciò Dio è immune da passioni (...).
COROLLARIO. Dio, per parlare propriamente, non ama nè odia nessuno (...).

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 348 - 356


ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Dove Spinoza continua a spiegare come è possibile per la mente governare gli affetti e le passioni e come la perfezione della Mente, vista dal punto di vista di Dio, sia immune dalle passioni.

PARTE QUINTA. LA POTENZA DELL'INTELLETTO, OSSIA LA LIBERTÀ UMANA.
SCOLIO ALLA PROPOSIZIONE XX. (...) la potenza della mente sugli affetti consiste 1) nella conoscenza stessa degli affetti; 2) nel fatto che separa gli affetti dal pensiero della causa esterna che immaginiamo confusamente; 3) nel tempo in cui le affezioni che si riferiscono a cose che comprendiamo superano quelle che si riferiscono a cose che comprendiamo in modo confuso e incompleto (...). La potenza della Mente è definita dalla sola conoscenza. L'impotenza ... è giudicata in base alla privazione di conoscenza (...). Dal che comprendiamo ... che potere abbia sugli affetti la conoscenza chiara e distinta e specialmente quel terzo genere di conoscenza il cui fondamento è la conoscenza stessa di Dio. La quale conoscenza se non elimina completamente gli affetti ... fa sì che essi costituiscano una parte minima della Mente. Essa inoltre genera Amore verso una cosa immutabile e eterna di cui siamo davvero partecipi.

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 358 - 359


ETICA. Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Dove Spinoza sostiene la tesi dell'eternità della Mente, in quanto pensa le cose amche sotto l'aspetto della loro eternità e cioè dal punto di vista di Dio.

PARTE QUINTA. LA POTENZA DELL'INTELLETTO, OSSIA LA LIBERTÀ UMANA.
DIMOSTRAZIONE DELLA PROPOSIZIONE XXI. (...) La mente non esprime l'esistenza attuale del suo Corpo, nè concepisce come attuali le sue affezioni, se non finchè dura il corpo.
PROPOSIZIONE XXIII. La Mente non può essere assolutamente distrutta insieme al Corpo, ma di essa rimane qualcosa che è eterno.
DIMOSTRAZIONE DELLA PROPOSIZIONE XXIII. (...) noi attribuinmo alla Mente umana alcuna durata che possa essere definita nel tempo, se non in quanto essa esprime l'esistenza attuale del Corpo che si esplica mediante la durata; (...) Tuttavia, poichè ciò che è concepito con una certa eterna necessità mediante l'essenza stessa di Dio è pure qualcosa, questo qualcosa che appartiene all'essenza della Mente, sarà necessariamente eterno.
DIMOSTRAZIONE DELLA PROPOSIZIONE XXV. Il terzo genere di conoscenza procede dall'idea adeguata di certi attributi di Dio alla conoscenza adeguata dell'essenza delle cose e quanto più comprendiamo le cose in questo modo tanto più comprendiamo Dio.

Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 360 - 362


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ENEIDE. Publio Virgilio Marone (70 a.C Mantova - 19 a.C. Brindisi). Il fondamentale e universalmente valido consiglio di Laoconte ai Troiani: "Io temo i Greci anche se portano doni". (Canto II, versi 63 - 77)

Allora, primo innanzi a una gran folla che lo seguiva, giù dall'alta rocca furibondo calò Laoconte, e da lontano: "Qual follia vi acceca, miseri cittadini? E voi credete dunque partite le nemiche navi? O che dono di Achei non celi inganni? Sì poco dunque conoscete Ulisse? O si occultano Greci in questo legno, o è un ordigno in danno delle mura fatto per esplorar le nostre case o per calar nella città dall'alto; ma, sia quel che si voglia, è certo insidia. Non fidatevi, Teucri, del cavallo. Io temo i Greci anche se portano doni"

Riferimento bibliografico: Eneide / Virgilio ; nella versione poetica di G. Vitale. - Milano : Ceschina, [1971] p. 69


ENEIDE. Publio Virgilio Marone (70 a.C Mantova - 19 a.C. Brindisi). Il dubbio in Enea: "come in vaso di bronzo il tremolante specchio dell'acqua". (Canto VIII, versi 28 - 38)

E il teucro eroe ondeggiava pensoso in gran tempesta, ed inquieto rivolgea la mente or a questo consiglio ora a quello, tutto in ogni sua parte esaminando: come in vaso di bronzo il tremolante specchio dell'acqua, se è dal sol percosso o dalla chiara immagine lunare, balena qui e là per ogni parte, ed all'alto si volge e nel soffitto i dorati riquadri alfin dardeggia.

Riferimento bibliografico: Eneide / Virgilio ; nella versione poetica di G. Vitale. - Milano : Ceschina, [1971] p. 298


LETTURE SPARSE. ENEIDE. Publio Virgilio Marone (70 a.C Mantova - 19 a.C. Brindisi). Il colpo di giavellotto di Turno. (Canto IX, versi 1006 - 1014)

E per primo raggiunse ed abbattè con un solo strale Antifate, figliastro di tebana madre del gran Sarpedone: trascorse per l'aria lieve il corniolo ausonio, s'infisse in gola, scese in fondo al petto; dallo squarcio dell'orrida ferita si effuse un fiotto spumeggiante e il ferro nel trafitto polmone intiepidì.

Riferimento bibliografico: Eneide / Virgilio ; nella versione poetica di G. Vitale. - Milano : Ceschina, [1971]


LETTURE SPARSE. ENEIDE. Publio Virgilio Marone (70 a.C Mantova - 19 a.C. Brindisi). Pallante e Turno. (Canto X, versi 658 - 668)

Quando questi gli parve a tiro d'asta primo Pallante s'avanzò, tentando se mai propizia fosse la fortuna, nella pugna ineguale, all'ardimento; e al vasto ciel rivolto pregò: "Per l'ospitalità del padre mio, per la mensa a cui ospite sedesti, prego, assistimi, Alcide, al gran cimento. Ch'egli morendo vegga me strappargli l'armi cruente: me vittorioso porti seco il morente occhio di Turno".

Riferimento bibliografico: Eneide / Virgilio ; nella versione poetica di G. Vitale. - Milano : Ceschina, [1971] 


ENEIDE. Publio Virgilio Marone (70 a.C Mantova - 19 a.C. Brindisi). L'armamento di Turno. (Canto XI, versi 703 - 718)

Si armava Turno rapido a battaglia, vestito della rutila corazza, irta di squamme bronzee, racchiuse già le gambe negli schinieri d'oro, aveva cinto la spada, a capo ignudo dall'alta rocca splendido nell'oro discendeva a gran corsa, e in cuor fremeva già fingendosi a fronte il suo nemico; come destrier che i vincoli spezzando, s'invola, alfine libero, dal chiuso, e ormai signore degli aperti campi verso i pascoli corre e verso i branchi delle polledre; o, solito a tuffarsi nel noto fiume, esulta balza freme con la cervice interamente eretta, e sul collo e sul dorso il crin gli ondeggia.

Riferimento bibliografico: Eneide / Virgilio ; nella versione poetica di G. Vitale. - Milano : Ceschina, [1971] 


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