Jean Baudrillard (Reims 1929 - Parigi 2007)
L'AMERICA
Franco Berardi (1949, Bologna)
L'ANIMA AL LAVORO
George Berkeley (1685, Kilkenny - 1753, Oxford).
TRATTATO SUI PRINCIPI DELLA CONOSCENZA UMANA
(1710)
Marc Bloch (Lione, 1886 - 1944)
LAVORO E TECNICA NEL MEDIOEVO
Giovanni Borgognone
STORIA DEGLI STATI UNITI D'AMERICA
Gilles Deleuze (Parigi, 1925 -1996), Felix Guattari
(Villeneuve Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992).
CHE COS'È LA FILOSOFIA?
Bruno Migliorini (Roma, 1896 - Firenze, 1975)
STORIA DELLA LINGUA ITALIANA
Omero.
ILIADE
Baruch Spinoza (1630 - 1677. Amsterdam)
ETICA
Publio Virgilio Marone (70 a.C Mantova - 19 a.C.
Brindisi)
ENEIDE
L'AMERICA / Jean Baudrillard
(Reims 1929 - Parigi 2007).
Nel 1987 Baudrillard scriveva questo passo viaggiando negli Stati
Uniti; oggi si può scrivere questo anche dell'Italia o della Francia,
basterebbe sostituire solo alcune e poche parole.
"L'America è un gigantesco ologramma, nel senso che l'informazione
totale è contenuta in ciascuno degli elementi. Si prenda la più
insignificante stazione di servizio del deserto, una strada qualunque
di una città del Middle West, un parcheggio, una casa californiana, un
BurgerKing o una Studebaker, e si avrà tutta l'America, al sud, al
nord, all'est e all'ovest ".
Riferimento bibliografico: L'America / Jean Baudrillard - Milano :
Feltrinelli, 1987.
L'ANIMA AL LAVORO / Franco Berardi. Enfatizzando con troppo forza il ruolo della sfera del visibile per la nostra specie e la sua sfera conoscitiva, definendolo come parte ontologicamente determinante dell'umano, Franco Berardi descrive, però, un processo reale, concreto e percepibile, che se non conduce alle sue stesse conclusioni, induce ad affrontare quelle stesse argomentazioni, con altri occhi, magari.
"Quando però il digitale fa la sua comparsa
nell'orizzonte della vita sociale, i fattori decisivi della relazione
sociale si trasferiscono dalle sfera analogica (la sfera delle
grandezze, dei corpi, delle pulsionalità) alla sfera algoritmica (i
rapporti, le costanti, le simulazioni). La digitalizzazione comporta
essenzialmente uno spostamento dell'ambito di manipolabilità: i
prodotti sociali non sono più manipolabili materialmente, ma sono
generati a livello concettuale. Il luogo in cui si producono le serie
produttive, sociali, comunicative, è sottratto alla conoscenza sociale
e perfino alla visibilità (...) non solo perché è una sfera
clandestina (i laboratori di ricerca sottratti al giudizio e alla
decisione democratica), ma anche perchè le operazioni si svolgono su
scala nanotecnologica. L'orizzonte umanistico si fondava sulla
premessa di Protagora 'l'uomo è la misura di tutte le cose'. (...)
Questo non è più vero quando si diffondono le tecnologie
dell'invisibile. Le 'cose' che contano e determinano la generazione di
fenomeni sociali (...) non sono più a misura umana. (...) La politica
si indebolisce perché tutto quello che si dà nella sfera del
politicamente visibile non conta nulla, è puro spettacolo".
Riferimento bibliografico: L'anima al lavoro: alienazione, estraneità,
autonomia / Franco Berardi Bifo. - Roma : Deriveapprodi, 2016 (pp. 266
- 267)
L'ANIMA AL LAVORO / Franco Berardi (1949, Bologna).
Il testo di Bifo è troppo spesso schematico nello sviluppo dei suoi
assunti, come interessante negli assunti. È un'opera da scomporre e
analizzare punto a punto, per concedere a quella maggiore respiro, che
non le ha lasciato l'autore. Nulla da aggiungere, però, a questo passo
che vale quasi come un programma, un'idea programmatica.
“La società non ha bisogno di più lavoro, di più posti di lavoro, di
più competizione. Al contrario. Abbiamo bisogno di un enorme taglio
del tempo di lavoro, una enorme liberazione della vita dalla fabbrica
sociale, per poter ricostruire il tessuto della relazione sociale.
Eliminare il legame tra lavoro e reddito libererà un'enorme quantità
di energia per finalità sociali che non possono più fare parte
dell'economia e dovrebbero tornare a essere forma di vita. Dato che la
domanda si riduce e le fabbriche chiudono, la gente soffre di mancanza
di danaro e non può comprare cose necessarie per la vita (…). Il
doppio legame della sovrapproduzione non si può risolvere con mezzi
economici, ma solo con un salto antropologico, l'abbandono della
cornice economica che consiste nello scambio di lavoro e salario (…).
L'idea che il reddito debba essere il premio di una prestazione è un
dogma di cui dobbiamo assolutamente liberarci. Ogni essere umano ha il
diritto di ricevere la quantità di danaro che è necessaria per la
sopravvivenza. E il lavoro non ha nulla a che fare con questo. Il
salario non è una cosa naturale della sfera sociale (…). Fino a quando
la maggioranza dell'umanità non sarà libera dal nesso tra reddito e
lavoro, la miseria e la guerra saranno la regola della relazione
sociale” (pp. 276 - 277)
Riferimento bibliografico: L'anima al lavoro: alienazione, estraneità,
autonomia / Franco Berardi Bifo. - Roma : Deriveapprodi, 2016 (pp. 276
- 277)
TRATTATO SUI PRINCIPI DELLA
CONOSCENZA UMANA (1710) / George Berkeley (1685, Kilkenny - 1753,
Oxford). L'irriducibilità di ciò che l'autore chiama spirito alla
logica ideativa e alla conoscenza percettiva: lo spirito è potenza e
atto, non oggetto inerte.
" ... con la parola 'spirito' intendiamo soltanto ciò che pensa, vuole
e percepisce: e questo soltanto costituisce il significato di quella
parola, Se dunque è impossibile che un qualunque grado di quei poteri
possa essere rappresentato con un'idea o nozione, è evidente che non
può esistere idea o nozione di uno spirito. (...) Non c'è nulla di
simile o di comune tra esse [spirito e idea], e pensare che con
qualche moltiplicazione o qualche allargamento delle nostre facoltà
possiamo divenire capaci di conoscere uno spirito come conosciamo un
triangolo, appare tanto assurdo quanto pensare di poter vedere un
suono".
Trattato sui principi della conoscenza umana / George Berkeley ;
introduzione di Paolo Francesco Mugnai. - Bari : Laterza, 1984. - (UL,
655)
Per una storia
comparata delle società europee (1931) / Marc Bloch (Lione, 1886 -
1944)
"... l'educazione umanistica ci aveva assuefatto a considerare la
Grecia e Roma come troppo simili a noi: il metodo comparativo, nelle
mani degli etnografi, ci restituisce quasi attraverso una sorta di
choc mentale, quella sensazione della differenza, dell'esotismo che
è condizione indispensabile di ogni sana intelligenza del passato.
(...) Mi riferisco a quelle usanze che, essendosi mantenute e
cristallizzate dopo la disparizione dell'ambiente psicologico
originale nel quale erano nate, ci sembrerebbero irriducibilmente
bizzarre, se l'esame di casi analoghi, nell'ambito di altre civiltà,
non ci permettesse di ricostruire con precisione l'ambiente che più
non abbiamo (...)"
Riferimento bibliografico: Lavoro e tecnica nel medioevo / Marc
Bloch ; prefazione di Gino Luzzato. - Roma ; Bari : Laterza, 1987. -
(Universale Laterza, 103). p. 33
Per una storia comparata delle società
europee (1928) / Marc Bloch (Lione, 1886 - 1944)
"... E sempre vero il vecchio adagio: anni di analisi per un giorno
di sintesi. Si cita però troppo sovente questa massima, senza
aggiungervi il necessario correttivo: l' 'analisi' non sarà
utilizzabile ai fini della 'sintesi' che se, fin dal principio, non
l'ha in vista e non si preoccupa di servirla. (...) La storia
comparata ... animerà del suo spirito gli studi locali senza i quali
essa non può nulla, ma senza la quale questi ultimi, a loro volta,
non pervengono a nulla. In una parola finiamola ... di disvutere
eternamente da storia nazionale a storia nazionale, senza mai
comprenderci. Un dialogo tra sordi, nel quale ognuno risponde a
sproposito alle domande dell'altro, è un vecchio artificio da
commedia ... ma non è un artificio intellettuale assai
raccomandabile"
Riferimento bibliografico: Lavoro e tecnica nel medioevo / Marc
Bloch ; prefazione di Gino Luzzato. - Roma ; Bari : Laterza, 1987. -
(Universale Laterza, 103). p. 66 - 71
Avvento e conquiste del mulino ad acqua
(1935) / Marc Bloch (Lione, 1886 - 1944) [dove l'autore riesce a
divenire fonte di analisi e interesse generale approfondendo un
argomento di storia della tecnica]
" 'Roma - scrive Gautier - non aveva sulle forze della natura una
dominazione che corrispondesse al livello della sua organizzazione
politica'. Certo. Ma è lecito anche chiedersi se questa dominazione
Roma l'abbia autenticamente auspicata. (...) Nel tempo in cui
Vespasiano - come racconta Svetonio - faceva ricostruire il
Campidoglio, incendiato durante le ultime guerre civili, un
artigiano gli propose una macchina che avrebbe permesso di
trasportare, con poca spesa, le colonne sulla sommità del colle. Il
principe ricompensò l'inventore, ma rifiutò l'invenzione: 'Che mi si
lasci - egli disse - dar da mangiare al popolo minuto "
Riferimento bibliografico: Lavoro e tecnica nel medioevo / Marc
Bloch ; prefazione di Gino Luzzato. - Roma ; Bari : Laterza, 1987. -
(Universale Laterza, 103). p. 85
Avvento e conquiste del mulino ad acqua
(1935) / Marc Bloch (Lione, 1886 - 1944) [Il pavimento del
parlatorio nel monastero inglese di Sant-Alban]
"In questa piccola città dell'Hertfordshire [Saint-Alban], alla
quale i monaci, suoi signori, rifiutavano ostinatamente ogni
franchigia [al loro monopolio e diritto alla macinatura], l'esempio
delle borghesie vicine incoraggiava una 'plebe' ... particolarmente
'indomabile'. (...) Una prima lite scoppiò nel 1274: confische di
mole e di pezze di stoffe, violenze perpetrate sia dai commessi
signorili, sia dai censuari; lega degli abitanti che, per far causa,
costituiscono una cassa comune, ..., un tentativo da parte di donne
di guadagnare alla loro causa la regina che l'Abate, del resto,
aveva avuto la precauzione di far entrare nel monastero per una
porta nascosta; lungo dibattimento davanti alla Corte reale con il
risultato inevitabile della sconfitta dei recalcitranti (...).
Successivamente, nel 1326 quando i borghesi reclamano una carta in
cui ... fosse iscritto il diritto alla molatura domestica, scoppia
la rivolta aperta e, per due volte, si ha un assedio del monastero.
(...) Ma nel 1331 un nuovo abate ... entra in lotta. A colpi di
processi egli riesce trionfatore. Le macine [domestiche] vengono
portate nel monastero da tutta la città e di esse ... i religiosi
lastricano il loro parlatorio"
Riferimento bibliografico: Lavoro e tecnica nel medioevo / Marc
Bloch ; prefazione di Gino Luzzato. - Roma ; Bari : Laterza, 1987. -
(Universale Laterza, 103). p. 104
Le 'invenzioni' medioevali (1935) / Marc
Bloch (Lione, 1886 - 1944) [per una storia della tecnica e della
cultura materiale]
"Nulla di più sconcertante ... nelle opere di storia comunemente
offerte al pubblico che il silenzio sotto il quale si sono
universalmente passate ... le vicissitudini dell'attrezzatura
tecnica. (...) Storie rurali, i cui eroi ... sembrano lavorare la
terra con dei pezzi di carta, storie amministrative tutte piene
delle grandi azioni di un 'potere centrale' ... che sembra librarsi
al di sopra di queste umili realtà che si chiamano strade,
equipaggio dei cavalli, modo di nutrirli, distanze orarie (...). Non
è che noi non possediamo, a proposito dell'attrezzatura tecnica
delle società del passo, qualche lavoro utile. (...) Soprattutto
queste ricerche rimangono ai margini delle correnti tradizionali dei
nostri studi e come a rimorchio della 'grande storia'".
Riferimento bibliografico: Lavoro e tecnica nel medioevo / Marc
Bloch ; prefazione di Gino Luzzato. - Roma ; Bari : Laterza, 1987. -
(Universale Laterza, 103). pp. 202 - 203
Le 'invenzioni' medioevali (1935) / Marc
Bloch (Lione, 1886 - 1944) [la staffa, le acconciature dei capelli e
la contaminazione 'euroasiatica']
"La staffa fu un regalo di quei cavalieri delle steppe
euroasiatiche, Alani e Sarmati, che l'insediamento dei loro popoli,
come colonie militari, nell'impero romano, il lungo soggiorno dei
Goti in prossimità loro, ... la comune fuga sotto l'incalzare degli
Unni ... misero all'inizio del medioevo a contatto così stretto con
il mondo occidentale. Quasi alla stessa epoca la Cina e, attraverso
questa, il Giappone, sembrano aver ricevuto da essi lo stesso
regalo, In questa maniera i cavalieri nomadi che di volta in volta
minacciavano i sedentari dell'est e dell'ovest stabilirono tra
queste società remote una sorta di collegamento. (...) È di moda
oggi ... far procedere la storia dell'Asia e quella dell'Europa in
colonne rigorosamente parallele. (...)[Ma] non ci ha mostrato
recentemente Georgeds Bratianu come l'acconciatura, che nel XV
secolo rendeva 'cornuta e ramuta' la silhouette delle donne
cristiane, fosse un'imitazione e quasi una copia, trasmessa
attraverso le corti levantine, di una accociatura cara alle eleganti
cinesi della dinastia Hang?".
Riferimento bibliografico: Lavoro e tecnica nel medioevo / Marc
Bloch ; prefazione di Gino Luzzato. - Roma ; Bari : Laterza, 1987. -
(Universale Laterza, 103). pp. 208 - 209
Le 'invenzioni' medioevali (1935) / Marc
Bloch (Lione, 1886 - 1944) [homo europaeus]
" ... aquisizioni e invenzioni portano ... la stessa testimonianza:
quella di una notevole agilità della mano, dello sguardo e dello
spirito. (...). L'homo europaeus, in altri termini, fu per
eccellenza un homo faber, non soltanto perchè seppe creare, ma
anche, per lo meno fino al XIX secolo, perchè egli seppe imitare o
adattare e dalla fusione di questi apporti egli riuscì a costruire
una civiltà della tecnica".
Riferimento bibliografico: Lavoro e tecnica nel medioevo / Marc
Bloch ; prefazione di Gino Luzzato. - Roma ; Bari : Laterza, 1987. -
(Universale Laterza, 103). p. 210
Come e perchè finì la schiavitù antica
[appunti pubblicati postumi nel 1947] / Marc Bloch (Lione, 1886 -
1944) [allevamento degli uomini e i suoi limiti, tra tardo antico e
alto medioevo]
"Lo schiavo è un cattivo lavoratore: ovunque il suo rendimento è
stato valutato abbastanza basso. Inoltre esso rappresenta un
capitale essenzialmente deperibile; (...). ... il padrone, il cui
schiavo moriva, si ammalava o semplicemente invecchiava, doveva
comprarne un altro; egli perdeva, al netto, la somma con la quale
aveva pagato il primo. Si poteva, certo, al fine di colmare questo
vuoto, fare affidamento sugli schiavi nati nella stessa casa, Non
però per colmarli tutti. Tra tutti gli allevamenti quello dell'uomo
è il più delicato. Questi inconvenienti non rivestivano carattere di
grande gravità per tutto il tempo in cui la merce - schiavo rimase
abbondante e, conseguentemente, a basso prezzo. (...) Ben presto,
però, il reclutamento degli schiavi si fece più difficile. Il loro
valore si accrebbe. Fu allora che ci si rivolse verso il sistema
della tenure. Dacciamo il caso di uno schiavo insediato su un
piccolo podere per proprio conto. Dal momento che egli vive in
famiglie meglio organizzate, la sua stirpe si perpetua con maggior
sicurezza; sui canpi che gli sono stati ceduti la qualità del suo
lavoro è migliore; ... è dalla sua fatica che dipende
quell'eccedenza di prodotti, dalla quale è condizionata la sua
possibilità di vita. Rimaneva i servizi obbligatori sulle terre del
padrone".
Riferimento bibliografico: Lavoro e tecnica nel medioevo /
Marc Bloch ; prefazione di Gino Luzzato. - Roma ; Bari : Laterza,
1987. - (Universale Laterza, 103). pp. 228 - 229
[Il
futuro della democrazia, osservandone il modello americano,
secondo Alexis de Tocqueville intorno al 1840]
"Se cerco di immaginare il nuovo aspetto che il dispotismo potrà
avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini uguali,
intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari (...). Al di
sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si
incarica di assicurare loro i beni e di sorvegliare sulla loro
sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite.
(...) Così ogni giorno rende più raro l'uso del libero arbitrio,
restringe l'azione della volontà in più piccolo spazio e toglie a
poco a poco a ogni cittadino perfino l'uso di sè stesso"
Citazione da Democrazia in America / Alexis de Tocqueville (ca.
1840)in Storia degli Stati Uniti : la democrazia americana dalla
fondazione all'era globale / Giovanni Borgognone. - Milano :
Feltrinelli, 2016. - 2. ed. - (Universale economica Feltrinelli :
Storia) p. 77
[Niente di nuovo sotto il
sole]
"Tutto ciò che questo paese desidera è di vedere i paesi vicini,
stabili, in ordine e prosperi. [...] Infrazioni croniche o
un'impotenza che derivi da un generale indebolimento dei legami
con la civiltà potrebbero richiedere [...] l'intervento di qualche
nazione civile, e nell'emisfero occidentale l'adesione degli Stati
Uniti alla dottrina Monroe potrebbe forzare il paese, sia pur
riluttante, all'esercizio di un potere di polizia internazionale"
(dal messaggio annuale al Congresso del Presidente Theodore
Roosvelt, 1904)
in Storia degli Stati Uniti : la democrazia americana dalla
fondazione all'era globale / Giovanni Borgognone. - Milano :
Feltrinelli, 2016. - 2. ed. - (Universale economica Feltrinelli :
Storia) p. 145
[Se Robert Kennedy non
fosse caduto nella trappola della nomination democratica del 1968,
questo splendido ragionamento sarebbe stato più realistico]
"Il PIL ... comprende l'inquinamento dell'aria, la pubblicità
delle sigarette e le ambulanze per liberare le autostrade dalle
carneficine. Mette nel conto le serrature speciali per le nostre
porte e le carceri per le persone che le forzano. (...) Comprende
il napalm, le testate nucleari e le autoblindo della polizia per
reprimere le rivolte nelle nostre città. (...) Tuttavia il PIL non
calcola la salute dei nostri figli, nè la qualità della loro
istruzione o la gioia nel loro giocare.(...) Non misura nè la
nostra arguzia, nè il nostro coraggio, nè la nostra saggezza, nè
il nostro apprendimento" (da Il Pil e la felicità / Robert Kennedy
(1968) )
in Storia degli Stati Uniti : la democrazia americana dalla
fondazione all'era globale / Giovanni Borgognone. - Milano :
Feltrinelli, 2016. - 2. ed. - (Universale economica Feltrinelli :
Storia) pp. 249 - 250
CHE
COS'È LA FILOSOFIA?. Gilles Deleuze (Parigi, 1925 -1996), Felix
Guattari (Villeneuve Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992). Il
piano dell'immanenza.
"Il caos (...) non è tanto caratterizzato dall'assenza di
determinazioni quanto dalla velocità infinita con cui queste si
profilano e svaniscono (...). Il caos (...) scioglie nell'infinito
ogni consistenza.
Riferimento bibliografico: Che cos'è la filosofia? / Gilles
Deleuze, Felix Guattarì ; a cura di Carlo Arcuri. - Torino :
Einaudi, stampa 2016. - 9. rist. . - (PBE : nuova serie, filosofia
; 209) p. 5
CHE COS'È LA FILOSOFIA?.
Gilles Deleuze (Parigi, 1925 -1996), Felix Guattari (Villeneuve
Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992).
"Il caos (...) non è tanto caratterizzato dall'assenza di
determinazioni quanto dalla velocità infinita con cui queste si
profilano e svaniscono (...). Il caos (...) scioglie nell'infinito
ogni consistenza. Il problema della filosofia è di acquisire una
consistenza, senza perdere l'infinito in cui il pensiero è
immerso"
Riferimento bibliografico: Che cos'è la filosofia? / Gilles
Deleuze, Felix Guattarì ; a cura di Carlo Arcuri. - Torino :
Einaudi, stampa 2016. - 9. rist. . - (PBE : nuova serie, filosofia
; 209) p. 33
CHE COS'È LA FILOSOFIA?.
Gilles Deleuze (Parigi, 1925 -1996), Felix Guattari (Villeneuve
Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992).
"Può darsi che i primi filosofi, e soprattutto Empedocle, avessero
ancora l'aspetto di preti e anche di re. Prendono in prestito la
maschera del saggio; per dirla con Nietzsche (...). Rimane il
fatto che i primi filosofi tracciano un piano percorso senza sosta
da movimenti illimitati, su due facce, una delle quali è
determinabile come Physis, in quanto dà una materia all'essere, e
l'altra come Nous, in quanto da un'immagine al pensiero.
Anassimandro è colui che pone il massimo rigore nella
distinzione delle due facce, combinando il movimento delle qualità
con la potenza di un orizzonte assoluto, L'Apeiron o l'Illimitato,
ma sempre sullo stesso piano. Il filosofo fa compiere alla
saggezza un'ampia deviazione, la mette al servizio dell'immanenza
pura; sostituisce la genealogia con una geologia"
Riferimento bibliografico: Che cos'è la filosofia? / Gilles
Deleuze, Felix Guattarì ; a cura di Carlo Arcuri. - Torino :
Einaudi, stampa 2016. - 9. rist. . - (PBE : nuova serie, filosofia
; 209) p. 34 - 35
CHE COS'È LA FILOSOFIA?.
Gilles Deleuze (Parigi, 1925 - 1996), Felix Guattari (Villeneuve
Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992).
"L'arte e la filosofia ritagliano il caos e l'affrontano, ma non è
lo stesso piano di taglio, non è lo stesso modo di popolarlo
(...). L'arte non pensa meno della filosofia, ma pensa per affetti
e percetti. Questo non impedisce che le due entità passino l'una
nell'altra, in un divenire che le trascina entrambe, in
un'intensità che le codetermina. La figura teatrale e musicale di
Don Giovanni diventa personaggio concettuale con Kierkegaard e il
personaggio di Zarathustra in Nietzsche è già una grande figura di
musica e teatro.
Riferimento bibliografico: Che cos'è la filosofia? / Gilles
Deleuze, Felix Guattarì ; a cura di Carlo Arcuri. - Torino :
Einaudi, stampa 2016. - 9. rist. . - (PBE : nuova serie, filosofia
; 209) pp. 55 - 56
CHE COS'È LA FILOSOFIA?.
Gilles Deleuze (Parigi, 1925 - 1996), Felix Guattari (Villeneuve
Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992).
"Già negli animali conosciamo l'importanza di attività dirette a
formare territori, ad abbandonarli o uscirne, e anche a rifare
territorio su qualcosa di altra natura (...). A maggior ragione
l'ominide, che a partire dalla sua comparsa deterritorializza la
sua zampa anteriore, la strappa dalla terra, e la
riterritorializza su rami e utensili. Un bastone è a sua volta un
ramo deterritorializzato. Bisogna vedere come ciascune, a
qualunque età, nelle cose più minute come nelle prove più ardue,
si cerca un territorio, sopporta o effettua delle
deterritorializzazioni e si riterritorializza su qualunque cosa,
un ricordo, un feticcio o un sogno.
Riferimento bibliografico: Che cos'è la filosofia? / Gilles
Deleuze, Felix Guattarì ; a cura di Carlo Arcuri. - Torino :
Einaudi, stampa 2016. - 9. rist. . - (PBE : nuova serie, filosofia
; 209) p. 58
CHE COS'È LA FILOSOFIA?.
Gilles Deleuze (Parigi, 1925 - 1996), Felix Guattari (Villeneuve
Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992).
"Se non c'è uno Stato democratico universale (...) è perchè la
sola cosa che sia universale nel capitalismo è il mercato. Al
contrario degli imperi arcaici che davano vita a surcodificazioni
trascendenti, il capitalismo funziona come un'assiomatica
immanente di flussi decodificati (flusso di danaro, di lavoro, di
prodotti ...). Gli Stati nazionali (...) costituiscono i modelli
di realizzazione di questa assiomatica immanente. (...) È come se
la deterritorializzazione degli Stati moderasse quella del
capitale e fornisse a quest'ultimo le riterritorializzazioni
compensatorie"
Riferimento bibliografico: Che cos'è la filosofia? / Gilles
Deleuze, Felix Guattarì ; a cura di Carlo Arcuri. - Torino :
Einaudi, stampa 2016. - 9. rist. . - (PBE : nuova serie, filosofia
; 209) p. 99 - 100
CHE COS'È LA FILOSOFIA?.
Gilles Deleuze (Parigi, 1925 - 1996), Felix Guattari (Villeneuve
Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992).
"Non soltanto i nostri Stati, ma ognuno di noi, ogni democratico
si trova a essere non già responsabile, ma macchiato di nazismo.
C'è stata certamente una catastrofe, ma la catastrofe consiste nel
fatto che la società dei fratelli o degli amici è passata
attraverso una tale prova che questi non possono più guardare in
faccia sè stessi o gli altri senza una 'fatica', forse una
diffidenza (...). E la vergogna di essere uomo non la proviamo
soltanto nelle situazioni estreme descritte da Primo Levi, ma
anche in condizioni insignificanti (...). Noi non siamo
responsabili delle vittime, ma di fronte alle vittime"
Riferimento bibliografico: Che cos'è la filosofia? / Gilles
Deleuze, Felix Guattarì ; a cura di Carlo Arcuri. - Torino :
Einaudi, stampa 2016. - 9. rist. . - (PBE : nuova serie, filosofia
; 209) p. 100 - 102
CHE COS'È LA FILOSOFIA?.
Gilles Deleuze (Parigi, 1925 - 1996), Felix Guattari (Villeneuve
Les Sabions, 1930 - Cour Chevernie, 1992).
"(...) l'evento non si preoccupa del luogo in cui si trova e se ne
infischia di sapere da quanto tempo esiste (...). Non è più il
tempo a essere tra due istanti, è l'evento a essere un
'fra-tempo': il fra-tempo non è nell'ordine dell'eternità nè
nell'ordine del tempo, è un divenire. (...) l'evento è sempre un
tempo morto, là dove non succede nulla (...) ma tutto diviene
(...). Non succede niente e tuttavia tutto cambia, perchè il
divenire non cessa di ripassare attraverso le sue componenti e di
trascinare altrove, in un altro momento, l'evento che si
attualizza"
Riferimento bibliografico: Che cos'è la filosofia? / Gilles
Deleuze, Felix Guattarì ; a cura di Carlo Arcuri. - Torino :
Einaudi, stampa 2016. - 9. rist. . - (PBE : nuova serie, filosofia
; 209) p. 155
[La
forza militare della lingua latina].
"Il servizio militare è un fattore di latinizzazione in quanto
anche i soldati che avevano una lingua materna diversa dal
latino si trovano immersi per lunghi anni in un ambiente di
lungua latina plebea. Quando poi torneranno ai loro paesi
d'origine, la loro qualità di veterani, di centurioni ecc.
assìcurerà loro nella vita municipale una certa preminenza, e
contribuirà ad accelerare il processo di latinizzazione".
Riferimento bibliografico: Storia della lingua italiana / Bruno
Migliorini ; introduzione di Ghino Ghinassi. - Milano :
Bompiani, 1987. - 5. ed. . - (Saggi tascabili ; 31) p. 15
[L'evoluzione
del latino e l'evoluzione dell'impero romano].
Dispiace scrivere una censura, ma lo si fa quando necessario e
soprattutto quando il censurato è un autore di un'opera
splendida come la Storia della Lingua italiana. Migliorini non
considera il tipo di lingua che venne esportata dai romani nelle
province. Il latino dei colonizzatori della Spagna fu il latino
che si parlava nell'esercito del II secolo a.C, in Gallia quello
del centenario seguente; in Africa e nei Balcani giunse quello
del I o anche del II secolo dell'era volgare. La base di
partenza era dunque profondamente diversa e questa differenza
collaborò, insieme alle tracce delle diverse lingue prelatine, a
creare un sostrato differenziato. Il latino parlato in Italia
tese a perdere l'uscita consonantica molto presto (intorno al I
secolo), ad esempio, e fu quello che colonizzò la parte
balcanica dell'impero, mentre il latino gallicano e ispanico
probabilmente la mantennero. Per di più, come giustamente nota
lo studioso, la lingua parlata nella capitale rimase preminente
fino al primo secolo dell'era volgare per la strutturazione di
quella del resto dell'impero ma dopo gli Antonini l'evoluzione
della lingua latina divenne policentrica, coniugandosi con la
progressiva divisione amministrativa dell'impero e con
l'estensione del reclutamento della truppa alle province.
Certamente rimanendo l'istituzione imperiale individuata
singolarmente, rimanendo una sola, essa favorì il viaggio delle
parole da una regione all'altra e una sorta di aggiornamento e
omologazione di ritorno.
Tutto questo ha comportato, annota Migliorini, una
differenziazione linguistica per grandi aree (gallicana,
hispanica, italiciana, illiriciana, africana) ma anche la
conservazione di una forte omogeneità nella struttura della
lingua e nella semantica. Anche se è corretto, a parer mio,
immaginare due grandi aree morfologiche del latino parlato, una
occidentale (Gallia e Hispania) e una orientale (Italia, Balcani
e Africa).
Inoltre oltre che la morfologia delle parole, le diverse aree
tendevano a separarsi per il loro significato. Nel V secolo
Agostino, riporta Migliorini, scrisse alla madre che non usava
alcune espressioni tipiche del latino parlato in Africa, perché
in Italia non sarebbero state comprese, o meglio non sarebbero
state correttamente interpretate. Probabimente Agostino non
faceva riferimento al latino parlato dalla gente comune, ma a
quello scritto e usato dalle elite, e dunque la
differenziaizione linguistica era giunta al punto di imporsi
persino nella cultura alta, proprio allo scopo di mantenere alla
lingua scritta una diffusione al di fuori delle elite culturali.
Riferimento bibliografico: Storia della lingua italiana / Bruno
Migliorini ; introduzione di Ghino Ghinassi. - Milano :
Bompiani, 1987. - 5. ed. . - (Saggi tascabili ; 31)
ILIADE.
Omero. L'invettiva di Achille contro Agamennone. (Canto I, p.
7-8))
Uomo impudente e avido di guadagno, quale mai degli Achei sarà
pronto ad obbedirti, a seguirti nelle marce o nelle aspre
battaglie? Non sono venuto qui a combattere a causa dei Teucri,
a me nulla hanno fatto; non mi hanno rubato nè buoi nè cavalli,
non mi hanno distrutto il raccolto nella fertile Ftia, terra di
eroi; monti pieni d'ombra sono tra noi e il mare dai molti echi.
Te abbiamo seguito, uomo senza vergogna, per tua soddisfazione,
per l'onore di Menelao e per il tuo onore, bastardo, nei
confronti dei Teucri. (...) Mai io ricevo un premio uguale al
tuo, quando gli Achei distruggono una popolosa città dei
Troiani; eppure sono le mie braccia a reggere il peso maggiore
della guerra violenta; ma quando è il momento di spartire il
bottino, a te tocca il dono più grande mentre io torno alle navi
con il mio, piccolo e caro, dopo la fatica della battaglia.
Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria
Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio,
stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio)
ILIADE.
Omero. Le schiere verso la battaglia. (Canto III, p. 49)
E quando furono tutti schierati coi loro capi, i Troiani
avanzarono con grida e clamore, simili a uccelli, simili a gru
che stridono in cielo quando fuggono l'inverno e le sue piogge
incessanti, e gridando volano sulle acque di Oceano, mentre
vanno a portar morte e rovina ai Pigmei; volano alte e
annunciano una lotta mortale. In silenzio avanzavano invece gli
Achei, spirando furore, decisi nel cuore ad aiutarsi l'uno con
l'altro.
Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria
Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio,
stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio)
ILIADE.
Omero. Il volto nella polvere. (Canto IV, p. 81)
Giacquero così nella polvere, l'uno accanto all'altro, i due
capi, uno dei Traci, l'altro degli Epei dalle corazze di bronzo,
e intorno a loro molti altri furono uccisi. E certo, se
qualcuno, non ancora colpito o ferito dalle armi di bronzo,
fosse capitato in mezzo alla mischia, e Atena lo avesse preso
per mano e guidato, tenendo lontana la furia dei dardi, nulla
avrebbe avuto da dire: perchè molti Achei e molti Troiani in
quel giorno giacquero gli uni accanto agli altri, il volto nella
polvere.
Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria
Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio,
stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio)
ILIADE.
Omero.
Leggendo l'Iliade, a volte chiudo gli occhi sopra il cuscino,
vedo gli eroi e le armi di bronzo, la terra, i carri e la
polvere, sento la voce di Omero, lo immagino sotto un pergolato
e il pergolato propone una bella ombra contro il sole del
pomeriggio tra uomini e donne attenti a ripetere e tra bambini
che chiedono meglio della lancia di Diomede o del colore e della
forma degli occhi di Atena e del perchè si chiami anche Pallade.
Sto così introducendo un sogno e presto dormirò in quello,
leggendo.
ILIADE.
Omero. La preoccupazione di Ettore per Andromaca. (Canto VI, pp.
124 - 125)
Io lo so bene nel cuore e nell'animo: verrà il giorno in cui
perirà la sacra città di Ilio e con essa Priamo dalla lancia
gloriosa. Ma al dolore dei Troiani io non penso, non penso ad
Ecuba, al re Priamo ai miei valorosi fratelli che cadranno nella
polvere uccisi dai nemici. Io penso a te, a quando qualcuno
degli Achei vestiti di bronzo ti priverà della tua libertà e ti
trascinerà via in lacrime; a quando in Argo dovrai tessere
stoffe per un'altra donna o porterai acqua dalle fonti di
Messeide o di Iperea, contro il tuo volere, costretta dalla dura
necessità.
Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria
Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio,
stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio)
ILIADE.
Omero. La tregua per la sepoltura dei morti. (Canto VII, pp. 141
- 142)
Coi primi raggi il sole illuminava i campi, mentre dalle acque
di Oceano calme e profonde saliva verso il cielo: e Troiani ed
Achei si incontrarono gli uni con gli altri. Era difficile,
allora, riconoscere ogni guerriero; con l'acqua lavavno il
sangue e lo sporco. Ma il grande re Priamo non permetteva il
compianto; ed essi allora in silenzio ammucchiavano i corpi sul
rogo, col cuore dolente, poi li diedero alle fiamme e
tornarono a Ilio sacra. E così, dall'altra parte, gli
Achei dalle belle armature ammicchiavano i corpi sul rogo, col
cuore dolente, poi li diedero alle fiamme e tornarono alle
concave navi.
Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria
Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio,
stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio)
ILIADE.
Omero. I fuochi dei troiani nella notte. (Canto VIII, pp. 161 -
162)
Per tutta la notte sul campo stettero, pieni di orgoglio, e
arsero fuochi a migliaia; come quando in cielo intorno alla luna
splendente, brillano luminose le stelle quando nell'etere c'è
calma di vento e all'improvviso tutte le vette dei monti
appaiono e le cime più alte e le valli; si è aperto, in alto, il
cielo infinito, tutti gli astri si vedono e il pastore gioisce
nell'animo; così tra le navi e le acque dello Scamandro,
brillavano i fuochi accesi dei Teucri davanti a Ilio; a migliaia
ardevano nella pianura e intorno a ciascuno cinquanta uomini
stavano, al bagliore della fiamma ardente. E intanto vicino ai
carri, i cavalli si cibavano di orzo bianco e di spelta e
attendevano l'Aurora dal bellissimo trono.
Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria
Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio,
stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio)
ILIADE.
Omero. La carica di Agamennone contro le schiere troiane. (Canto
XI, p. 207)
... e dove lo scontro era più fitto, lì si lanciò, lo seguivano
gli Achei dalle belle armature; e i fanti uccidevano i fanti in
fuga, i guerrieri sui carri uccidevano i loro avversari a colpi
di lancia - e una nube di polvere si levava dalla pianura sotto
i risonanti zoccoli dei cavalli. Il re Agamennone incalzava e
continuava a uccidere incitando gli Achei. Come quando il fuoco
funesto divampa in una fitta foresta e da ogni parte il vento
turbinando lo porta, cadono i rami divelti dalla sua furia; così
per mano del figlio di Atreo cadevano le teste dei Troiani
in fuga; e molti cavalli dalle teste suberbe trascinavano i
carri vuoti e sonanti nel campo, piangendo i nobili aurighi; ma
essi giacevano a terra, più cari agli avvoltoi che alle spose.
Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria
Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio,
stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio)
ILIADE.
Omero. Ettore contro la palizzata degli Achei. (Canto XII, pp.
230 - 231)
Come quando, circondato da cani e cacciatori, un cinghiale o un
leone va avanti e indietro, fiero della sua forza, e gli uomini
serrandosi formano un muro e gli stanno di fronte mentre fitti
dalle loro mani piovono i colpi; ma il suo animo audace non
trema, non teme, e il suo coraggio lo uccide; più volte si getta
contro le file degli uomini, che cedono sotto il suo assalto.
Così si aggirava Ettore tra le schiere e supplicava i compagni
incitandoli a varcare il fossato. Ma non osavano i cavalli
veloci, e ritti sul bordo estremo mandavano alti nitriti; li
atterriva il largo fossato, difficile da saltare, difficile da
attraversare; per tutta la sua lunghezza e da entrambe le parti
le sponde cadevano ripide e sopra vi erano piantati dei pali
aguzzi: alti e fitti li avevano posti gli Achei per difendersi
contro i nemici ...
Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria
Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio,
stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio)
ILIADE.
Omero. Ettore espugna il muro degli Achei. (Canto XII, pp. 242 -
243)
Arrivò vicinissimo Ettore, si fermò, e con tutte le forze colpì
nel mezzo, ben saldo sulle gambe perchè il colpo fosse più
forte: spezzò entrambi i cardini. Piombò dentro il macigno con
tutto il suo peso (...) i battenti andarono in pezzi per la
violenza del colpo. Balzò Ettore dentro glorioso, rapido come la
notte; splendeva terribile il bronzo che rivestiva il suo corpo,
aveva due lance in mano, nessuno avrebbe potuto affrontarlo e
fermarlo quando passò oltre la porta, nessuno, se non un dio;
come fuoco aveva gli occhi. Voltandosi verso i guerrieri,
gridava ai Troiani di oltrepassare il muro; essi obbedirono al
grido e subito alcuni lo scavalcarono, altri si riversarono
attraverso la porta ben costruita. Fuggirono i Danai verso le
concave navi. Si levò un immenso tumulto.
Riferimento bibliografico: Iliade / Omero ; a cura di Maria
Grazia Ciani ; commento di Elisa Avezzù. - Venezia : Marsilio,
stampa 2016. (Grandi classici. Tascabili Marsilio)
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677. Amsterdam). Spinoza rinunciò alla
pubblicazione di quest'opera che aveva presentato nel 1675, dopo
le resistenze dell'editore e le censure di ateimo che
provenivano da molti ambienti e soprattutto dal dogmatismo
calvinista che in Olanda, nei fatti, era stato innalzato a
confessione certamente preferita quando non ufficiale. L'Etica
sarà pubblicata postuma ad opera di amici del filosofo. Baruch,
ai tempi del liceo, era un gradino sopra gli altri, sopra
Cartesio e Leibniz, per me una specie di nuovo Aristotele; poi
lo dimentichi e poi ti ricapita in mano l'Etica.
"PARTE PRIMA. DIO. DEFINIZIONI.
I. Per causa di sé intendo ciò la cui essenza implica
l'esistenza, ossia ciò la cui natura non può essere concepita
che come esistente.
II. Si dice finita nel suo genere una cosa che può essere
limitata da un'altra della stessa natura (...)
III. Per sostanza intendo ciò che è in sè ed è concepito per sé:
ossia ciò il cui concetto non ha bisogno del concetto il
concetto di un'altra cosa dal quale debba essere formato.
IV. Per attributo intendo ciò che l'intelletto percepisce della
sostanza come costituente la sua stessa essenza.
V. Per modo intendo le affezioni della sostanza, ossia ciò che è
in altro per mezzo del quale è stato concepito.
VI. Per Dio intendo l'ente assolutamente infinito, cioè la
sostanza che consta di infiniti attributi, ognuno dei quali
esprime un'essenza eterna e infinita.
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 p. 85
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677. Amsterdam). La perfezione della
natura sta nella sua stessa esistenza, poiché l'esistenza si
identifica con l'essenza e l'essenza si identifica con
l'esistenza. Proprio perché perfetti la natura e Dio non hanno
scopi, fini e obiettivi perché questi sarebbero un esterno, e
quindi un limite a Dio e alla natura universale. È facile
comprendere come Spinoza non riuscisse a trovare un editore per
l'Ethica nell'Olanda contemporanea.
"PARTE PRIMA. DIO.
DEFINIZIONE VII. Si dice libera quella cosa che esiste per sola
necessità della sua natura (...); invece si dice necessaria
(...) quella cosa che è condizionata ad esistere (...) da
qualcos'altro (...)
DEFINIZIONE VIII. Per eternità intendo l'esistenza stessa (...)
ASSIOMA 2. Ciò che non può essere concepito per mezzo di
qualcos'altro, deve essere concepito per sé.
PROPOSIZIONE VII. Esistere è proprio della natura della
sostanza.
SCOLIO I. Poichè in realtà l'essere finito è parzialmente una
negazione e l'essere infinito è un'assoluta affermazione
dell'esistenza di una natura risulta (...) che ogni sostanza
deve essere infinita.
PROPOSIZIONE IX. Quanto più una cosa possiede realtà o essere,
tanti più attributi le competono.
PROPOSIZIONE XI. Dio, cioè la sostanza costituita da una
infinità di attributi ognuno dei quali esprime un essenza
infinita, esiste necessariamente.
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 86 - 96
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Secondo Spinoza
Dio non è libero, neppure in maniera assoluta: immaginare la
libertà di Dio è un controsenso. Dio non conosce nè la libertà
nè la necessità, mentre l'ordine delle cose naturali è
certamente necessario, sotto punto di vista delle cose, ma non
sotto quello di Dio. L'assoluta superiorità di Dio in Spinoza è
certamente un retaggio biblico, straordinariamente elaborato.
"PARTE PRIMA. DIO.
PROPOSIZIONE XXXII. La volontà non può essere chiamata causa
libera ma solo causa necessaria.
COROLLARIO I. (...) Dio non opera mediante la libertà della sua
volontà.
PROPOSIZIONE XXXIII. Le cose non possono essere state prodotte
da Dio in alcun altro modo e in alcun altro ordine se non come
sono stete prodotte.
PROPOSIZIONE XXXIV. La potenza di Dio è la sua stessa essenza.
DIMOSTRAZIONE. Dio è causa di sé e di tutte le cose. Quindi la
potenza di Dio, per la quale egli stesso e tutte le cose
agiscono, è la sua stessa essenza.
APPENDICE. Con i miei argomenti ho spiegato la natura di Dio e
le sue proprietà e cioè: che egli esiste necessariamente; che è
e agisce per la sola necessità della sua natura; che è causa
libera di tutte le cose; (...) che tutte le cose sono in Dio e
dipendono da lui in modo tale che non possono essere nè essere
concepite senza di lui; e, infine, che tutte le cose sono state
predeterminate da Dio, non già dalla sua libera volontà e dal
suo assoluto beneplacito, ma dalla assoluta natura di Dio, cioè
dalla sua infinita potenza.
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 111 - 121
Baruch
Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). L'etica è un componente della
fisica, non in quanto appartiene a quella disciplina ma perché
del modo fisico, 'scientifico', di considerare la natura (e
quindi Dio e le sue leggi) è parte integrante anche la 'fisica
delle idee', dell'intelletto, delle volizioni e delle
percezioni.
La mente non si sottrae al determinismo naturale e alle sue
leggi, la mente è 'scientificamente determinabile'.
PARTE SECONDA. NATURA E ORIGINE DELLA MENTE.
PROPOSIZIONE XXXVI. Le idee inadeguate e confuse si svolgono con
la stessa necessità delle idee adeguate, ossia chiare e
distinte.
COROLLARIO II. È proprio della natura della Ragione concepire le
cose sotto una certa specie di eternità.
DIMOSTRAZIONE. La Mente umana ha idee con le quali percepisce
sè, il proprio corpo e i corpi esterni come esistenti in atto:
perciò ha una conoscenza adeguata dell'essenza eterna e infinita
di Dio.
PROPOSIZIONE XLVIII. Nella Mente non vi è alcuna volontà
assoluta e libera, ma la Mente è determinata a volere questo o
quello da una causa che è anch'essa determinata da un'altra, e
questa a sua volta da un'altra, e cos' all'infinito.
COROLLARIO. Volontà e intelletto sono una sola e medesima cosa.
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 165 - 180
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Volontà, Appetito e
Desiderio e la chimica delle passioni o meglio degli stati
d'animo.
PARTE TERZA. ORIGINE E NATURA DEGLI AFFETTI.
PROPOSIZIONE IX. La Mente, sia in quanto ha idee chiare e
distinte, sia in quanto ha idee confuse, si sforza di
perseverare nel suo essere per una certa durata indefinita, ed è
consapecole di questo suo sforzo.
SCOLIO. Quando questo sforzo si riferisce alla sola Mente si
chiama Volontà; quando invece si riferisce sia alla Mente che al
Corpo si chiama Appetito, il quale dinque non è altro che
l'essenza dell'uomo dalla cui natura derivano necessariamente le
cose che servono alla sua conservazione, e perciò è determinato
a compierle. (...) il Desiderio è l'Appetito unito alla
coscienza di sé. Da tutto ciò risulta che noi tendiamo a una
cosa non (...) perché giudichiamo che sia buona, ma al contrario
giudichiamo che sia buona perché ci sforziamo di ottenerla,
perché la vogliamo, la appetiamo e la desideriamo.
PROPOSIZIONE X. Un'idea che esclude l'esistenza del nostro Corpo
non può essere data nella nostra Mente, bensì le è contraria.
PROPOSIZIONE XI. Di tutto ciò che aumenta o diminuisce,
favorisce o impedisce, la potenza di agire del nostro Corpo,
l'idea stessa aumenta o diminuisce, favorisce o impedisce, la
potenza di pensare della nostra Mente.
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 189 - 197
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Volontà, Appetito e
Desiderio sono elementi basilari della chimica delle passioni o
meglio degli stati d'animo in Spinoza, come se dalla macchina
del tempo fossero scivolati alcuni appunti a Freud.
PARTE TERZA. ORIGINE E NATURA DEGLI AFFETTI.
PROPOSIZIONE IX. La Mente, sia in quanto ha idee chiare e
distinte, sia in quanto ha idee confuse, si sforza di
perseverare nel suo essere per una certa durata indefinita, ed è
consapecole di questo suo sforzo.
SCOLIO. Quando questo sforzo si riferisce alla sola Mente si
chiama Volontà; quando invece si riferisce sia alla Mente che al
Corpo si chiama Appetito, il quale dunque non è altro che
l'essenza dell'uomo dalla cui natura derivano necessariamente le
cose che servono alla sua conservazione, e perciò è determinato
a compierle. (...) il Desiderio è l'Appetito unito alla
coscienza di sé. Da tutto ciò risulta che noi tendiamo a una
cosa non (...) perché giudichiamo che sia buona, ma al contrario
giudichiamo che sia buona perché ci sforziamo di ottenerla,
perché la vogliamo, la appetiamo e la desideriamo.
PROPOSIZIONE X. Un'idea che esclude l'esistenza del nostro Corpo
non può essere data nella nostra Mente, bensì le è contraria.
PROPOSIZIONE XI. Di tutto ciò che aumenta o diminuisce,
favorisce o impedisce, la potenza di agire del nostro Corpo,
l'idea stessa aumenta o diminuisce, favorisce o impedisce, la
potenza di pensare della nostra Mente.
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 198 - 200
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Per Baruch gli stati
d'animo vivono in associazione tra di loro e condividono le
stesse cause: letizia e di tristezza possono avere la medesima
occasione esterna. La mente vive in uno stato di normale e
naturale dubbio emotivo e le emozioni non conoscono temporalità,
ma vivono al di fuori del tempo e sono sempre presenti a sè
medesime.
PARTE TERZA. ORIGINE E NATURA DEGLI AFFETTI.
PROPOSIZIONE XII. La Mente, per quanto può, si sforza di
immaginare ciò che aumenta o favorisce la potenza del Corpo.
SCOLIO. (...)l'Amore non è altro che Letizia accompagnata
dall'idea di una causa esterna e l'Odio non è che Tristezza
accompagnata dall'idea di una causa esterna.
PROPOSIZIONE XIV. Se la Mente è stata affetta una volta da due
affetti contemporaneamente, quando in seguito sarà affetto da
uno solo dei due, lo sarà anche dall'altro.
PROPOSIZIONE XVIII. L'uomo, dall'immagine di una cosa passata o
futura, è impressionato con lo stesso affetto di Letizia o di
Tristezza come dall'immagine di una cosa presente.
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 200 - 206
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Gli stati d'animo
possono generarsi per immedesimazione e proiezione. L'idea della
libertà di un'azione aumenta lo stato d'animo che provoca.
L'idea della loro natura libera, in genere, aumenta l'intensità
degli affetti.
PARTE TERZA. ORIGINE E NATURA DEGLI AFFETTI.
PROPOSIZIONE XLVI. Se uno è stato affetto da un altro, di una
classe o di una nazione diversa dalla sua, con una Letizia o una
Tristezza accompagnate, come causa, dall'idea di costui
considerato sotto il nome della classe o della nazione; non solo
odierà o amerà costui, ma tutti quanti della stessa classe o
nazione.
PROPOSIZIONE XLIX. L'Amore e l'Odio verso una cosa che
immaginiamo libera devono essere entrambi maggiori, a parità di
causa, che verso una cosa necessaria.
DIMOSTRAZIONE. Una cosa che immaginiamo libera deve essere
percepita per sè senza bisogno di altre.
SCOLIO. (...) gli uomini, poichè si ritengono liberi, hanno
verso i loro simili maggiore Amore o Odio, che non verso le
altre cose.
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 230 - 232
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Di tutti gli affetti
sono il Desiderio e la Letizia a fornire il motore fondamentale
della fisica emotiva, del movimento emotivo. Tutti gli stati
d'animo sono il prodotto diretto e indiretto di Letizia e
Desiderio.
PARTE TERZA. ORIGINE E NATURA DEGLI AFFETTI.
PROPOSIZIONE LIII. Quando la Mente considera sè stessa e la sua
potenza di agire si allieta; e tanto di più quanto più
distintamente immagina sè e la sua potenza di agire.
PROPOSIZIONE LVII. Qualsiasi affetto di ciascun individuo
differisce da quello di un altro, quanto l'essenza dell'uno
differisce dall'essenza dell'altro.
DIMOSTRAZIONE. (...) il Desiderio è la natura stessa o essenza
di ciascuno, quindi il Desiderio di ciascuno differisce da
quello di un altro, quanto la natura o essenza dell'uno
differisce da quella dell'altro.
PROPOSIZIONE LIX. Fra tutti gli affetti che si riferiscono alla
mente in quanto agisce non ve n'è alcuno che non si riferisca
alla Letizia o al Desiderio.
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 237 - 244
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Il bene o il male
possono essere considerati anche come stati d'animo e passioni
tra le altre passioni. La conoscenza è anche un affetto poichè è
felicità della Mente ed è tangente al bene, quando venga
considerato come stato d'animo.
PARTE QUARTA. LA SCHIAVITÙ UMANA, OSSIA LE FORZE DEGLI AFFETTI.
PROPOSIZIONE XIV. La conoscenza vera del bene e del male, in
quanto vera, non può ostacolare alcun affetto, ma solo in quanto
è considerata come un affetto.
DIMOSTRAZIONE DELLA PROPOSIZIONE XXII. Lo sforzo di conservare
sè stesso è l'essenza stessa di una cosa. Se quindi si potesse
concepire una virtù anteriore a questa (...) l'essenza stessa di
una cosa sarebbe concepita anteriore a sè stessa, il che è
assurdo.
PROPOSIZIONE XXVI. Tutti i nostri sforzi intrapresi seguendo la
ragione si riducono al comprendere; e la Mente, in quanto si
serve della ragione, giudica che le sia utile ciò che conduce
alla comprensione.
DIMOSTRAZIONE. (...) Dunque tutto ciò che ci sforziamo di fare
con la ragione non è altro che il comprendere (...). La Mente,
in quanto pensa razionalmente, non potrà concepire niente di
buono per sé se non ciò che conduce alla comprensione.
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 278 - 286
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Il bene produce uno
stato d'animo piacevole e utile ma è anche un prodotto della
ragione e per entrambe le cose concordabile e socializzabile.
PARTE QUARTA. LA SCHIAVITÙ UMANA, OSSIA LE FORZE DEGLI AFFETTI.
PROPOSIZIONE XXXV. Solo nella misura in cui gli uomini vivono
sotto la guida della ragione, concordano sempre necessariamente
per natura.
COROLLARIO. In natura non c'è cosa singola che sia più utile
all'uomo dell'uomo che vive sotto la guida della ragione. (...)
l'uomo agisce in tutto e per tutto secondo le leggi della
propria natura, quando vive sotto la guida della ragione e solo
in questa misura concorda sempre necessariamente con la natura
di un altro uomo; quindi non c'è niente, tra le cose singole, di
più all'uomo che l'uomo.
SCOLIO. Quello che ho appena mostrato è confermato ogni giorno
dall'esperiennza stessa, con tante e così chiare testimonianze
che sulla bocca di tutti c'è il detto: l'uomo è un Dio per
l'uomo.
PROPOSIZIONE XXXVI. Il sommo bene di coloro che seguono la virtù
è comune a tutti e tutti ne possono equamente godere.
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 292 - 294
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). La libertà nell'uomo lo
pone sopra il bene e il male.
PARTE QUARTA. LA SCHIAVITÙ UMANA, OSSIA LE FORZE DEGLI AFFETTI.
DIMOSTRAZIONE (PROPOSIZIONE LXVII). L'uomo libero, cioè colui
che vive sotto la guida della ragione, non è guidato dalla Paura
della morte ma desidera direttamente il bene, cioè agire,
vivere, conservare il proprio essere avendo come fondamento la
ricerca del proprio utile: perciò a nulla pensa meno che alla
morte e la sua saggezza è una meditazione della vita.
PROPOSIZIONE XLVIII. Se gli uomini nascessero liberi non
formerebbero alcun concetto di bene e di male, finchè
rimanessero liberi.
PROPOSIZIONE LXXII. L'uomo libero non agisce mai con frode ma
sempre in buona fede.
SCOLIO (PROPOSIZIONE LXXIII). [L'uomo forte] è fermamente
convinto che tutte le cose derivano dalla necessità della natura
divina; e perciò ogni cosa che egli ritiene molesta o cattiva
(...) lo è perché egli concepisce le cose stesse in modo
turbato, incompleto e confuso (...): per questo motivo egli si
sforza di (...) eliminare gli ostacoli alla conoscenza vera, che
sono l'Odio, l'Ira, l'Invidia, la Superbia ecc.
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 325 - 330
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Nell'appendice della
quarta parte dell'opera l'autore riassume la natura e tipologia
del Desiderio, il bene che consegue dal Desiderio retto da
ragione e la relazione tra felicità e Bene.
PARTE QUARTA. LA SCHIAVITÙ UMANA, OSSIA LE FORZE DEGLI AFFETTI.
APPENDICE. CAPITOLO I. Tutti i nostri sforzi, o Desideri,
seguono dalla necessità della nostra natura in modo da poter
essere compresi o solo mediante essa quale loro causa prossima,
o in quanto noi siamo parte della natura che non si può
concepire per sè sola senza gli altri individui.
APPENDICE. CAPITOLO III. Le nostre azioni, ossia quei Desideri
che si definiscono mediante la potenza dell'uomo, ossia mediante
la ragione, sono sempre buone (...).
APPENDICE. CAPITOLO V. Non c'è vita razionale (...) senza
intelligenza e le cose sono buone solo nella misura ìn cui
aiutano l'uomo a fruire della vita della Mente, che è definita
dall'intelligenza.
APPENDICE. CAPITOLO IX. Niente può accordarsi di più con la
natura di una cosa se non gli individui della medesima
specie; e quindi per conservare il proprio bene e fruire
della vita razionale, niente è più utile all'uomo che un uomo
guidato dalla ragione.
Riferimento
bibliografico: Etica e trattato teologico - politico / Baruch
Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. - Novara :
UTET ; De Agostini, 2013 pp. 331 - 335
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam).
Nell'appendice della quarta parte dell'opera l'autore riassume
anche la componente sociale del Desiderio e della felicità, il
bene, che consegue dal vivere in comunità e dal trasformare la
natura, prende forme anche inusuali.
PARTE QUARTA. LA SCHIAVITÙ UMANA, OSSIA LE FORZE DEGLI AFFETTI.
APPENDICE. CAPITOLO XXVI. Tranne gli uomini, non conosciamo in
natura alcuna cosa singola di cui si possa godere con la Mente,
e alla quale ci si possa legare con amicizia e con qualche tipo
di consuetudine (...).
APPENDICE. CAPITOLO XXVII. L'utilità che traiamo dalle cose che
sono fuori di noi, oltre all'esperienza e alla conoscenza che
acquisiamo dall'osservarle e dal trasformarle da una forma
all'altra, è soprattutto la conservazione del corpo. (...) più
il corpo è adatto a essere affetto in molti modi, e a modificare
in molti modi i corpi esterni, tanti più la Mente è adatta a
pensare (...)
APPENDICE. CAPITOLO XXVIII. Per procurarsi tali cose ... le
forze di ognuno sarebbero a stento sufficienti se gli uomini non
si prestassero reciproco aiuto. Ma il denaro ha fornito un
vero compendio di tutte le cose; per cui è accaduto che la sua
immagine suole occupare moltissimo la Mente del volgo (...)
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 337 - 338
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Dove Spinoza spiega che
è possibile cambiar di segno alle energie che provengono dagli
affetti e dalle passioni e farne sempre degli affetti e passioni
positive.
PARTE QUINTA. LA POTENZA DELL'INTELLETTO, OSSIA LA LIBERTÀ
UMANA.
PROPOSIZIONE III. Un affetto, che è una passione, cessa di
essere passione non appena ce ne formiamo un'idea chiara e
distinta.
COROLLARIO. Un affetto, quindi, è tanto più in nostro potere, e
la Mente tanto meno è passiva, tanto più ci è noto.
SCOLIO. Bisogna dunque adoperarsi di conoscere, per quanto è
possibile, ogni affetto in modo chiaro e distinto, affinchè
(...) l'affetto stesso sia separato dalla causa esterna e
congiunto a pensieri veri (...).Per esempio è proprio della
natura umana che ognuno desideri che gli altri vivano secondo il
suo talento, e questo affetto nell'uomo non guidato dalla
ragione, è una passione che viene detta Ambizione, ... e al
contrario nell'uomo che vive secondo i dettami della ragione è
un'azione, ossia una virtù, che si chiama Moralità (...).
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 346 - 348
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Dove Spinoza spiega
come è possibile per la mente governare gli affetti e le
passioni e come la perfezione della Mente, vista dal punto di
vista di Dio, sia immune dalle passioni.
PARTE QUINTA. LA POTENZA DELL'INTELLETTO, OSSIA LA LIBERTÀ
UMANA.
PROPOSIZIONE VI. Nella misura in cui la Mente comprende tutte le
cose come necessarie, essa ha un maggior potere sugli affetti
(...).
DIMOSTRAZIONE. La Mente comprende che tutte le cose sono
necessarie e sono determinate ad esistere e ad operare da un
nesso causale infinito.
DIMOSTRAZIONE DELLA PROPOSIZIONE IX. Un affetto è cattivo o
dannoso solo nella misura in cui impedisce che la Mente possa
pensare (...).
PROPOSIZIONE XVII. Dio è immune da passioni e non prova alcun
affetto di Letizia o di Tristezza (...).
DIMOSTRAZIONE. Tutte le idee, in quanto si riferiscono a Dio,
sono vere, cioè adeguate e perciò Dio è immune da passioni
(...).
COROLLARIO. Dio, per parlare propriamente, non ama nè odia
nessuno (...).
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 348 - 356
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Dove Spinoza continua a
spiegare come è possibile per la mente governare gli affetti e
le passioni e come la perfezione della Mente, vista dal punto di
vista di Dio, sia immune dalle passioni.
PARTE QUINTA. LA POTENZA DELL'INTELLETTO, OSSIA LA LIBERTÀ
UMANA.
SCOLIO ALLA PROPOSIZIONE XX. (...) la potenza della mente sugli
affetti consiste 1) nella conoscenza stessa degli affetti; 2)
nel fatto che separa gli affetti dal pensiero della causa
esterna che immaginiamo confusamente; 3) nel tempo in cui le
affezioni che si riferiscono a cose che comprendiamo superano
quelle che si riferiscono a cose che comprendiamo in modo
confuso e incompleto (...). La potenza della Mente è definita
dalla sola conoscenza. L'impotenza ... è giudicata in base alla
privazione di conoscenza (...). Dal che comprendiamo ... che
potere abbia sugli affetti la conoscenza chiara e distinta e
specialmente quel terzo genere di conoscenza il cui fondamento è
la conoscenza stessa di Dio. La quale conoscenza se non elimina
completamente gli affetti ... fa sì che essi costituiscano una
parte minima della Mente. Essa inoltre genera Amore verso una
cosa immutabile e eterna di cui siamo davvero partecipi.
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 358 - 359
ETICA.
Baruch Spinoza (1630 - 1677, Amsterdam). Dove Spinoza sostiene
la tesi dell'eternità della Mente, in quanto pensa le cose amche
sotto l'aspetto della loro eternità e cioè dal punto di vista di
Dio.
PARTE QUINTA. LA POTENZA DELL'INTELLETTO, OSSIA LA LIBERTÀ
UMANA.
DIMOSTRAZIONE DELLA PROPOSIZIONE XXI. (...) La mente non esprime
l'esistenza attuale del suo Corpo, nè concepisce come attuali le
sue affezioni, se non finchè dura il corpo.
PROPOSIZIONE XXIII. La Mente non può essere assolutamente
distrutta insieme al Corpo, ma di essa rimane qualcosa che è
eterno.
DIMOSTRAZIONE DELLA PROPOSIZIONE XXIII. (...) noi attribuinmo
alla Mente umana alcuna durata che possa essere definita nel
tempo, se non in quanto essa esprime l'esistenza attuale del
Corpo che si esplica mediante la durata; (...) Tuttavia, poichè
ciò che è concepito con una certa eterna necessità mediante
l'essenza stessa di Dio è pure qualcosa, questo qualcosa che
appartiene all'essenza della Mente, sarà necessariamente eterno.
DIMOSTRAZIONE DELLA PROPOSIZIONE XXV. Il terzo genere di
conoscenza procede dall'idea adeguata di certi attributi di Dio
alla conoscenza adeguata dell'essenza delle cose e quanto più
comprendiamo le cose in questo modo tanto più comprendiamo Dio.
Riferimento bibliografico: Etica e trattato teologico - politico
/ Baruch Spinoza ; a cura di Remo Cantoni e Franco Fergnani. -
Novara : UTET ; De Agostini, 2013 pp. 360 - 362
ENEIDE. Publio Virgilio Marone (70 a.C
Mantova - 19 a.C. Brindisi). Il fondamentale e universalmente
valido consiglio di Laoconte ai Troiani: "Io temo i Greci
anche se portano doni". (Canto II, versi 63 - 77)
Allora, primo innanzi a una gran folla che lo seguiva, giù
dall'alta rocca furibondo calò Laoconte, e da lontano: "Qual
follia vi acceca, miseri cittadini? E voi credete dunque
partite le nemiche navi? O che dono di Achei non celi inganni?
Sì poco dunque conoscete Ulisse? O si occultano Greci in
questo legno, o è un ordigno in danno delle mura fatto per
esplorar le nostre case o per calar nella città dall'alto; ma,
sia quel che si voglia, è certo insidia. Non fidatevi, Teucri,
del cavallo. Io temo i Greci anche se portano doni"
Riferimento bibliografico: Eneide / Virgilio ; nella versione
poetica di G. Vitale. - Milano : Ceschina, [1971] p. 69
ENEIDE.
Publio Virgilio Marone (70 a.C Mantova - 19 a.C. Brindisi). Il
dubbio in Enea: "come in vaso di bronzo il tremolante specchio
dell'acqua". (Canto VIII, versi 28 - 38)
E il teucro eroe ondeggiava pensoso in gran tempesta, ed
inquieto rivolgea la mente or a questo consiglio ora a quello,
tutto in ogni sua parte esaminando: come in vaso di bronzo il
tremolante specchio dell'acqua, se è dal sol percosso o dalla
chiara immagine lunare, balena qui e là per ogni parte, ed
all'alto si volge e nel soffitto i dorati riquadri alfin
dardeggia.
Riferimento bibliografico: Eneide / Virgilio ; nella versione
poetica di G. Vitale. - Milano : Ceschina, [1971] p. 298
LETTURE
SPARSE. ENEIDE. Publio Virgilio Marone (70 a.C Mantova - 19
a.C. Brindisi). Il colpo di giavellotto di Turno. (Canto IX,
versi 1006 - 1014)
E per primo raggiunse ed abbattè con un solo strale Antifate,
figliastro di tebana madre del gran Sarpedone: trascorse per
l'aria lieve il corniolo ausonio, s'infisse in gola, scese in
fondo al petto; dallo squarcio dell'orrida ferita si effuse un
fiotto spumeggiante e il ferro nel trafitto polmone intiepidì.
Riferimento bibliografico: Eneide / Virgilio ; nella versione
poetica di G. Vitale. - Milano : Ceschina, [1971]
LETTURE
SPARSE. ENEIDE. Publio Virgilio Marone (70 a.C Mantova - 19
a.C. Brindisi). Pallante e Turno. (Canto X, versi 658 - 668)
Quando questi gli parve a tiro d'asta primo Pallante s'avanzò,
tentando se mai propizia fosse la fortuna, nella pugna
ineguale, all'ardimento; e al vasto ciel rivolto pregò: "Per
l'ospitalità del padre mio, per la mensa a cui ospite sedesti,
prego, assistimi, Alcide, al gran cimento. Ch'egli morendo
vegga me strappargli l'armi cruente: me vittorioso porti seco
il morente occhio di Turno".
Riferimento bibliografico: Eneide / Virgilio ; nella versione
poetica di G. Vitale. - Milano : Ceschina, [1971]
ENEIDE.
Publio Virgilio Marone (70 a.C Mantova - 19 a.C. Brindisi).
L'armamento di Turno. (Canto XI, versi 703 - 718)
Si armava Turno rapido a battaglia, vestito della rutila
corazza, irta di squamme bronzee, racchiuse già le gambe negli
schinieri d'oro, aveva cinto la spada, a capo ignudo dall'alta
rocca splendido nell'oro discendeva a gran corsa, e in cuor
fremeva già fingendosi a fronte il suo nemico; come destrier
che i vincoli spezzando, s'invola, alfine libero, dal chiuso,
e ormai signore degli aperti campi verso i pascoli corre e
verso i branchi delle polledre; o, solito a tuffarsi nel noto
fiume, esulta balza freme con la cervice interamente eretta, e
sul collo e sul dorso il crin gli ondeggia.
Riferimento bibliografico: Eneide / Virgilio ; nella versione
poetica di G. Vitale. - Milano : Ceschina, [1971]