pensieri impuramente astratti (1982)


[ORIENTE E OCCIDENTE]

Tra civiltà orientale e civiltà occidentale sembre che esista una profondissima differenza, in verità ciò non è vero affatto. Ciò che è giusto per l'una può essere anche ingiusto per l'altra, ma questo significa solo che in entrambe esistono metodi logici, quantitativi e metodi alogici e qualitativi nel giudizio e null'altro, sotto il punto di vista della differenza, e non che il pensiero orientale sia organizzato in maniera completamente diversa da quello occidentale. La logicità riprodotta dal reale e dai processi detti di causa - effetto esiste in entrambi i processi produttivi delle culture, mutati i presupposti del reale: la differenza dei processi produttivi e non la produzione intellettuale, ecco la grande e inesistente differenza.

[AMORE]

L'amore è un utile commercio emozionale ripiegato su sè stesso e indipendente dal suo oggetto: amore è solo desiderio. L'amore in sé e per sé non esiste, appartiene a un altro sentimento.

[FASCISMO E ANTIFASCISMO]

Spesso nell'antifascismo c'è più fascismo che nel fascismo stesso, come nel democraticismo c'è molto totalitarismo e nell'asocialità moltissima socialità, proprio perché lo stato di cose presenti è continua e dialettica e dinamica negazione e contro - negazione di sé stessa e tutto ciò opera a fine di convervarsi, senza avere un sé da conservare.

[ARTE E IDEOLOGIA]

Nel suo essere espressione ideologica / culturale / psicologica dell'epoca che la vive e la fa vivere l'arte è ideologia. La lotta tra arte e ideologia è solo apparente, è lotta tra arte e sé stessa, tra autore e la propria epoca / opera.

[VALORE E ARTE]

L'alto valore dell'arte non sta solo nella sua commerciabilità; l'alto valore dell'arte sta nei parametri di commisurazione del suo valore e quindi nel suo prezzo che è assolutamente indipendente dalla possibilità di metterla in commercio. Attraverso la valutazione in danaro, quasi in forma astratta, al di fuori del contesto del mercato si determina il valore dell'arte. La valutazione in danaro dell'arte è astratta poiché indipendente dal mercato (come dato di partenza l'arte è fuori dal mercato e poi finisce sul mercato) e assomiglia davvero alla natura che ha, o pretende di avere, l'arte: essere astrazione del vivere associato umano inteso globalmente.

[ARTE E RIVOLUZIONE]

L'astrazione del vivere associato umano ha la funzione storica di essere la quintessenza dei rapporti umani e quindi di possedere la funzione di giustificare un radicale mutamento in quelli, di rappresentare la necessità del cambiamento e della trasformazione.

[ARTE E STORIA]

La grande capacità dell'artista è quella di riassumere nella sua opera la logica, l'emozionalità e gli stati d'animo che hanno influenzato la sua epoca. L'arte è la diretta conseguenza psichica dei rapporti di produzione generali, è essa stessa un modo di produzione inserito in un rapporto di produzione, ma è anche la capacità di individuare le caratteristiche peculiari delle epoche precedenti in termini di logica, emozioni e stati d'animo.

[ARTE E NON - ARTE]

La sola diversità tra artista e uomo comune, o meglio scrivere non -artista, è nella capacità di esprimere produttivamente, attraverso la macchina artistica, i derivati psichici della produzione generale, dei modi di produzione generali, che anche il non - artista conosce, vive e sente ma non sa inventare o è interessato a inventare una macchina artistica.

[LA MORALE DI EDIPO]

Il corpo della morale è costruito con leggi non scritte, imposte con il ricatto del giudizio degli altri, il ricatto di Edipo; la morale trova la sua giustificazione nel complesso di Edipo descritto da Freud e non il complesso di Edipo nella morale. Edipo viene prima.

[EDIPO DELLA MORALE]

L'Edipo cancella ogni atteggiamento che non sia utile alla produzione, annienta ogni nemico della produzione manuale, intellettuale e artistica. Edipo è la disciplina innata, o vissuta come tale, e nel mondo della morale, che Edipo ha creato, Edipo si ripresenta come suo prodotto, come sussunzione reale dell'antropologia alla morale.

[MORALE E EDIPO]

La morale non esiste come Edipo non esiste. Morale ed Edipo sono fenomeni contingenti variabili, fenomeni subordinati ai contenuti via via nuovi delle epoche che attraversano.

[GUERRA BORGHESE]

La guerra è lo strumento più semplice e normale della borghesia per far sentire il suo potere e manifestare la sua potenza.

[ARTE ED EDIPO]

L'Edipo non è il fine psicologico umano. L'arte e l'immaginazione tend deono, costantemente oltre l'Edipo, a stabilire un nuovo fine psicologico, traguardo psicologico. L'arte non è meglio di Edipo e della morale, l'arte è una macchina come la morale e come Edipo. Dov'è, allora, il fascino rivoluzionario dell'arte? Sta nella sua disperazione o, al contrario, universale gioiosità, quasi drogata che sembra superare Edipo, il grande nemico, ma sono figli di Edipo, che diviene il grande e involontario amico della produzione artistica. L'arte ride della sua  castrazione ad opera di Edipo ma ne è affascinata: senza Edipo non sarebbe alla storia e non avrebbe senso di scrivere per quella di astrazione del vivere associato umano. E' qui, in questa castrazione e riso, in questa disperazione e gioiosità che si compenetrano e combattono che l'arte assume un valore in danaro, un prezzo, ancor prima del mercato, solo lì l'arte assume valore. Solo con il superamento dell'Edipo e delle società edipiche si potrà parlare di uomo in sé, che potrà fare arte in sé e produrre e progettare storia in sé e avrà una vita in sé. Essendo cose in sé, non saranno in sé, e non saranno ne uomo, nè arte, né storia nè vita per come la intendiamo oggi.

[FREUD ED EDIPO]

Il grande conservatorismo di Freud è nell'aver posto ogni atteggiamento dentro il rapporto edipico. L'Edipo viene dopo e anche prima ma sopratutto dopo. Edipo è un modo storicamente complesso di orientare il comportamento umano. Esiste una carica di natura che Freud non intende individuare e studiare, è la carica delle libere parole, dei liberi pensieri, libere azioni a produttività pura. La produttività pura è l'essenza della natura umana che continua mutevole e quindi non è essenza in senso scolastico. La pazzia psicotica, quella che viene detta pazzia psicotica (paranoia, psicosi ciclotimica, schizofrenia) è l'espressione rivoluzionaria di questa carica vitale e di odio vitale contro Edipo e le sue costruzioni morali.

[LA CASUALITA' VITALE]

Il giorno nel quale un uomo dirà: "io so che i miei giorni, le mie notti, i miei anni sono comuni al resto dell'umanità e pure le mie emozioni e il mio sorriso significheranno tanto quanto il tuo ,saranno il tuo, allora quello sarà il giorno della vera libertà, senza stati, classi, nazioni, genitori, capi e governi, sarà il giorno del caso, dove la casualità ritornerà a essere l'elemento fondamentale della vita. La vita stessa è un elemento casuale, infatti.

[BANALITÀ E RIVOLUZIONE]

Ciò che stupisce in Apollinaire è la presenza solida e calda e piena della donna, che non è più malattia, ma non essendolo non se ne libera. Apollinaire stupisce ma non libera, presagisce la libertà ma non la prefigura. Ciò che stupisce in Dada è tutto.

[MEMORIA E SENSIBILITÀ]

I ricordi! Oh quanto tutti o quasi amano i ricordi! Il ricordo è un modo di non - produzione, un metodo per ridare fiducia al proprio presente senza produrre niente e senza affrontarlo, svuotando l'emotività e le ragioni che informavano le azioni passate e compiute. La funzione del ricordo è quella di riciclare il passato nel presente e di lasciarlo intorno al 2%, con un 98% di non - produttività.

[MEMORIA E VITA]

Smascherando il ricordo come apparato di non - produzione, ognuno potrebbe smascherare sé stesso, ma questo è molto simile al suicidio, come se mille freccie mai lanciate ma pensate confluissero, incendiate, su di voi. Dunque ve lo sconsiglio.

[VITALE E MORTALE]

La vita non è una gran bella cosa, anche quando sia bella, piacevole, anzi la carica vitale per prima ammette che è una colpa e un peccato vivere la vita, ma continua inevitabilmente a farlo, divertita.

[IL VITALE E LA CONSOLAZIONE DIVINA]

L'arte di accontentarsi della vita non è sufficiente a vivere, ed è così che l'uomo si è gettato nella vita, utilizzando la carica vitale, come davanti al più grande santuario erettogli. La produttività pura è scesa a patti con la produttività condizionata per timore del dolore. Allora l'uomo ha iniziato a pensare che quel santuario non era suo, non gli apparteneva, ma gli era stato costruito da Dio cioè da un'altra produttività.

[DIO]

Dio è un'entita necessariamente astratta, quindi numerica, quindi un numero, che non esiste.

[DIO E IL SUICIDIO]

Dalla coscienza dell'inesistenza di Dio e dal carattere sado - masochista che viene assunto dalla vita quando deve rinunciare alla sua essenza di produzione pura, nasce l'idea di suicidio: l'uomo crea Dio e poi lo annienta, schifato e tradito da lui. E' l'idea sado - maso del suicidio come vendetta per la perduta purezza, vendetta contro Dio e trionfo del dolore nel più profondo piacere. Solitamente si sceglie un suicidio doloroso, in questi casi.

[IL SUICIDIO, IL SADISMO E LE DONNE]

Molti uomini trasferiscono alle donne i caratteri tipici della vita a condizionata produttività, considerandole cattive, fredde, seduttrici - traditrici, tentatrici e subdole. E' lo stesso principio per cui i soldati se la prendono con le reclute. E' l'arte antichissima di trasferire su chi ti è subordinato quello che il più forte fa a te ed è anche l'arte, la tecnica che ha fatto sorgere il concetto e la pratica della subordinazione tra gli individui e tra i generi. Una sorta di riscatto della pura produttività della carica vitale contro l'amputazione infertagli dall'azione di Edipo, dall'azione della morale, dall'azione sociale. La carica vitale si orienta, allora, a far pagare al più debole socialmente e moralmente la sua amputazione, per ritrovare il suo senso nel potere provocare dolore, pensare dolore e provare dolore. Le donne, esattamente come le reclute, non c'entrano in tutto questo, sono solo un'occasione, anche perché, intese come donne, non esistono dentro questo discorso.

[NULLA]

Molti pensano che il nulla esiste e il suicidio è lo scioglimento in esso. Il nulla, invece, non esiste e non esiste scioglimento alcuno.

[DIO, LA VITA E IL SUICIDIO]

Alcuni giungono a essere assolutamente persuasi del fatto che Dio non esiste e anche che la vita non esiste. La vita è solo la negazione dell'essere vivente, anzi è la negazione dell'essere vivente, perché solo la vita ha la forza e gli strumenti per negarlo. Questa negazione della vita va oltre l'istinto del far del male o del farsi del male, oltre il sadismo e il masochismo, e conduce l'uomo alla convinzione dell'assoluta, costitutiva, infelicità di questa vita. Allora si supera l'idea del suicidio sadico e masochista, il suicidio come attività espressa nella vendetta, (penso a Leopardi, Ortis, Werther e Seneca) e si arriva al grande suicidio, quasi privo di oggetto, quasi inconsapevole della vita (penso a Pavese e Majakowsky).

[IL GRANDE SUICIDIO]

Quel tipo di suicidio, il grande suicidio, è qualcosa di solido e di preciso: è una scelta matematica, una scelta non più compiuta nell'esistente contro l'esistente (suicidio sadico e masochista) ma nella completa e ferma, quasi serena, consapevolezza della falsità completa di ciò che esiste e che non esiste.

[ESSERE IN OCCIDENTE E ORIENTE]

Tanto il pensiero occidentale quanto quello orientale si sono fondati sulla convinzione che esista l'essere e il non - essere.

[REALTÀ E PROGRESSO]

La dialettica evoluzione del tutto è la realtà. La realtà è una totalità dialettica che si scontra con sé medesima. La realtà si muove restando ferma e quindi si potrebbe scrivere che la realtà, che è il tutto, che è la totalità, è la progressiva e continua negazione, effettuata appunto in forme progressive e parimenti permanenti, di ogni totalità, di ogni tutto, e di ogni progresso di sè medesima: il progresso della realtà è una apparente dialettica. Il non - essere non esiste, la dialettica e il movimento sono sempre interni all'essere.

[TUTTO E IO]

Da questo punto di vista è possibile, che attraverso un'analisi scientifica del nostro io si giunga necessariamente a una conclusione non - scientifica: la difficoltà estrema di separare il soggetto che conosce dall'oggetto che è conosciuto e quindi di costruire la scienza. Anzi la scienza potrebbe essere intesa come una rappresentazione ideologica, un'idea sul mondo che si fonda su metodologie ripetitive e analoghe tra loro, allo scopo di dirsi, appunto scienza, perché ripetitiva, perché prevedibile, perché estranea all'imprevisto. Ebbene dall'analisi scientifica posta su noi stessi, sul nostro io, è possibile scoprire come il tutto e i vari tutto siano dentro di noi e non attraverso la separazione tra conoscente e conosciuto, io e non - io, ma come tendenza al congiungimento o ricongiungimento con il nostro io, con noi stessi. Attraverso questo procedimento potremmo renderci compatibili con il tutto, con la totalità, scoprendo che e percependo che non è un al di fuori di noi.

[TUTTO E GRANDE SUICIDIO]

Allora potremmo affermare che dalla nostra consapevolezza scientifica dell'inesistenza dell'io, o meglio della sua inessenza, unita con la persuasione dell'inesistenza di Dio viene fuori l'idea del grande suicidio, come qualcosa di solido, concreto come un metallo, quasi una realtà fisica.

[MUSICA E BIOLOGIA]

Ciò che rende la musica, ciò che fa la musica, è la frammentazione di un suono in tanti segmenti. La frammentazione del suono si riconduce alla capacità di frammentare l'aria, dunque a una facoltà profondamente e fondamentalmente biologica, il respiro, e alla frammentazione del cibo al fine della deglutizione, dunque a un'altra facoltà biologica fondamentale, la nutrizione. Il piacere della musica è connesso direttamente alle facoltà relative alla conservazione e sopravvivenza umana. L'arte della musica è al centro della vita.

[MUSICA E PIACERE]

Il piacere dell'ascolto si riconduce al piacere di regolare e dominare il respiro.

[PIACERE E BIOLOGIA]

Il piacere in genere si riconduce alla capacità di dominare la nostra biologia e di percepirla, di perceprirci mentre viviamo e mentre percepiamo. Quindi il piacere si riconduce alla capacità di crearlo: il piacere è la sua creazione.

[PIACERE E AMORE]

Il grande piacere che si ricava da quello che viene detto innamoramento è nel sapersi innamorati, mentre il grande dolore che si ricava da quello che viene detto innamoramento è nell'impossibilità di amare l'oggetto dell'innamoramento. Questo dolore non genera dalla mancanza del contatto con la persona amata ma nasce da una strana immaginazione secondo la quale quella persona soffra della nostra mancanza e che il nostro dolore sia anche il suo. Quando quest'immaginazione diviene egemone nel nostro stato di innamoramento e la convizione di un'analoga sofferenza dell'altro diviene certezza in noi, allora il nostro dolore si trasforma in piacere e questa trasformazione si fonda sulla simpatia tra i due individui: essi, infatti, soffrono della medesima cosa e, dunque, ne godono e usufruiscono. A questo punto il dolore non è più dolore e diviene piacere che non sono affatto contrari, ma complementari, compatiscono lo stesso sentimento. Conseguentemente ci lasciamo  convincere, molte volte, a non cercare di amare l'oggetto del nostro innamoramento e spesso l'innamoramento diviene privo di qualsiasi oggetto, ovvero acquisisce un oggetto vuoto.

[AMORE E VERITÀ]

Tra il sapersi amati e il credersi amati non esiste alcuna differenza, questo non comporta un mutamento nel nostro comportamento e nel nostro stato d'animo. Nell'innamoramento la verità è ininfluente.

[AMORE, INNAMORAMENTO E GLI ALTRI]

Noi amiamo per sentirci interessati agli altri, senza che gli altri esistano; l'innamoramento è il luogo dove gli altri sono apparenze, neppure fenomeni, semplici opinioni.

[INNAMORAMENTO E FINI]

A maggior ragione l'oggetto del nostro innamoramento è un mezzo e non un fine perchè se fosse un fine dovrebbe possedere una struttura materiale e concreta. Nell'innamoramento, invece, ha scarsa importanza la costituzione concreta dell'altro, del suo modo di essere nell'esistente, del suo oggetto (cosiddetto oggetto), che è ridotto a simulacro, occasione. Quello che ha veramente rilevanza è il desiderio di amare - essere e immaginarsi amati e tutto ciò che dipende da questo desiderio. Quello che intendiamo come desiderio di amare è forse solo un bisogno, una determinazione perchè il desiderio implica un fine mentre il bisogno richiede un mezzo per soddisfarsi e la negazione del fine.

[AMORE E ODIO]

Come all'essere non corrisponde il non - essere, così all'amore non corrisponde un sentimento contrario e antagonista, quello che alcuni dicono odio. L'odio è cosa molto diversa dal non - amore ed è un sentimento completamente indipendente da quello. L'odio non è il contrario dell'amore. Se, infatti, l'amore, per quanto scritto, è privo di oggetto e indefinibile attraverso il suo oggetto perchè è inesistente, l'odio è completo di oggetto. Il contrario dell'amore, che non è non - amore, comunque, potrebbe essere simile a quello che alcuni chiamano risentimento.

[ODIO E RISENTIMENTO]

La caratteristica dell'odio è quella di essere un desiderio e non un bisogno (al contrario dell'amore), un desiderio di negazione quasi sempre completo di oggetto, quando non lo ha si tramuta in risentimento.

[CONTRARI E OPPOSTI]

I contrari non esistono. L'odio possiede alcune caratteristiche dell'amore, cioè è strutturato analogamento all'amore in quanto, comunque, si riferisce a un altro da sè, a un individuo esterno, ma non è capace di viverlo come vuoto, potenzialmente non presente, come è capace di fare chi ama o si dice innamorato. Soprattutto chi odia non immagina l'odio nell'altro: il risentimento, più simile all'amore, invece ne è capace. Precisamente come la vita solo apparentemente si oppone alla morte e viceversa, poiché vita e morte non sono concetti opposti, ma solo opinioni e immaginazioni opposte, così amore e odio si oppongono solo nell'apparenza. L'entità 2 - 2 non è entita di contrari ma di positivi contrarizzati, resi contrari, ma un due rimane sempre un due sia con il segno positivo che negativo.

[CONTRARI: CAPITALISMO E PROLETARIATO]

Il capitalismo non è antagonista in sè e per sè al proletariato. Lo è nel suo essere realtà storica: il capitalismo può essere funzionale alla crescita del proletariato e antagonista ai suoi bisogni storici, solo in questo senso si può scrivere che il capitalisno è dialetticamente antagonista al proletariato, perchè ha bisogno dello sfruttamento e della soggezione e contemporaneamente della sua negazione. Il capitalismo, l'economia del mercato e della tecnologia, non è contro il proletariato, proprio perché il proletariato ne è elemento costituente. Un capitalismo che riuscisse a liberarsi della necessità del proletariato, cioè della soggezione e dell'acquisizione del tempo di vita altrui, non sarebbe più capitalismo, ma un'altra cosa.

[CONTRARI E STORIA]

Nella storia non esistono i contrari, gli opposti e gli antagonismi perfetti.

[MATERIA ED ENERGIA]

L'essenza della materia è un principio quantitativo, una forma quantitativa, determinata da energie quantificabili. La materia e l'energia sono della medesima natura e al centro di questa natura stà il concetto di quantità che regola le relazioni tra materia ed energia e, anzi, materia ed energia sono le due forme della medesima essenza. La quantità fonda le leggi della natura, diffonde le diverse qualità, modi di presentarsi degli elementi, e governa lo sviluppo e l'evoluzione dell'universo naturale.

[IL POETA E LA COOPERAZIONE]

La poesia era, in primo luogo, azione, secondo l'etimo stesso della parola. La poesia è stata ridotta ad azione, limitata al campo grafico, nel momento in cui l'azione effettiva, che rispondeva ai principi poetici (scritto e pensato in base all'etimo) cioè quelli di produrre effetti nell'esistenza, non era più necessaria alla forma di cooperazione sociale raggiunta dalla nostra specie. Questa nuova forma di cooperazione abbandonava, in realtà, uno degli elementi fondamentali della nostra specie, una delle nostre specialità, quello dell'azione individua coordinata orizzontalemente con altre azioni individue. L'agire umano perdeva valore in quanto tale per acquisirlo solo in presenza di una elezione, scelta, determinata non dalla cooperazione degli individui ma da una forma di intelligenza espressa su quella cooperazione. L'azione, il tipo umano, andava delimitata. Ci fu uno scambio: alla poesia venne concesso il monopolio della memoria, una stabile possibilità di essere tramandata, attraverso il sapere grafico, un allungamento e dilatazione dei suoi tempi, e il poeta cessava di investire la complessità della cooperazione produttiva della sua comunità, il poeta cessava di essere il poeta e si distingueva dal resto della comunità diventando il poeta.

[FARE, AVERE ED ESSERE]

Nelle società primitive, quelle che vengono dette da alcuni comunismi primordiali, il fare significava anche l'avere e i due concetti erano contenuti in quello di essere. L'uomo era libero di fare ciò che voleva, di avere ciò che produceva e, conseguentemente, di essere ciò che era. Anzi, il concetto di essere era del tutto inutile, un intervento esterno e sospetto sul fare e l'avere. La produzione sociale e quella individuale si identificavano completamente, perchè i bisogni individuali divenivano immediatamente bisogni sociali, nell'individuale era il sociale, nel fare e avere individuale il fare ed avere sociale. Poi è avvenuto qualcosa che ha presentato il declino dell'originaria rudimentalità che permetteva quel comunismo primitivo e fare, avere ed essere hanno iniziato a separarsi, mentre avere ed essere stabilivano un'alleanza speciale contro il fare.

[INSEGNAMENTI]

Il grande insegnamento della vita è l'attesa. L'attesa è quello che finisce per dare significato all'incontro con l'oggetto.

[IL MORIRE E LA SOCIETÀ]

I meccanismi del vivere associato sono così complessi da risultare segreti, indeterminati e privi di scopi, come se ogni pezzo che lo compone vivesse di vita sua propria. Se qualcuno scoprirà quei meccanismi, smembrandoli nelle singole componenti, individuando la cinetica profonda tra quelle e manifestando, quindi, la vera origine e dinamica dei comportamenti umani, scoprirà molte cose, moltissime ma certamente e come prima cosa il morire. Il morire apparirà come un'entità che ha un  preciso valore sociale ed emotivo, a seconda delle epoche, e in quest'epoca commisurabile anche sotto il profilo commerciale. Se il valore della morte sarà alto, se il valore della sua produzione emotiva e del suo commercio emotivo sarà alto, allora il morire sarà un fenomeno biologico catastrofico per il il sociale e la sua immaginazione e la morte andrà collettivamente emendata, resa fatto cerimoniale, di riconciliazione di tutti con tutti e di rinvenimento, riassemblamento della comunità. Se il valore della morte sarà basso, e lo è, solitamente, nelle organizzazioni sociali che hanno imparato a quantificarne il valore commerciale ed economico, o meglio che hanno imparato a mettere al centro del morire quel tipo di valore, quel valore affonderà le sue radici nei rapporti di produzione, nei comportamenti sociali che saranno, lo scoprirà il nostro eventuale scopritore, il trasferimento preciso di quelli, attraverso dialettiche e dinamiche oscure oggi, nel processo biologico in sé, anzi scoprirà che il processo biologico in sé, viene descritto in relazione a queste dialettiche e dinamiche. È anche per questo che il morire assume valenze ostinatamente scientifiche (biologiche, chirurgiche, epidemiologiche e via discorrendo). Il morire nelle società gerarchizzate, poi divise in caste e poi in classi ha un significato soggettivo - oggettivo, cioè emotivo e individuale in stratta relazione chimica con un'emotività esterna oggettiva e i due elementi si compenetrano nel lutto e nella sua elaborazione.

[IL MORIRE, LA PSICOSI E LA RIVOLUZIONE]

Se qualcuno riuscirà a individuare questo preciso significato del morire, avrà due scelte: o accettare il morire e accettare la sua commisurazione di valore corrente o tentare di cambiare i presupposti dello stesso morire. Nel primo caso incontrerà i suicidi e gli psicotici, nel secondo i rivoluzionari, nel primo gli elaboratori del lutto come senso dell'intera esistenza (la vita nel lutto), nel secondo l'abolizione del lutto.

[IL POTERE E LA FANTASIA]

Il potere della fantasia è il potere della completa assenza e liberazione dall'amore e dell'amore. Alcuni considerano il mondo una grande strada che non è altro che un insieme di bivi, trivi e quadrivi, ma le pietre miliari su di quella sono i nostri pensieri sul mondo e gli sguardi sull'incrocio precedente; ed è così che il nostro intelletto, piano piano, si diffonde e guarda verso il cielo, in alto, sopra le pietre e la linearità poiché se esiste un avanti e un indietro deve esistere un sopra e un sotto. Le essenze sono fini dell'umanità e sono espressioni delle nostre visioni, sono risultati di quelle. Tutto questo porta alla distruzione dei codici e alla continua creazione di nuovi codici, modi di esprimere i fini dell'umanità; correre dietro a questa incessante distruzione e costruzione è quello che fa invecchiare gli individui.

[ALLAH]

Allah fu il Dio profetico per eccellenza, il Dio della misericordia nel museo della poligamia. Alcune briciole di quella profezia e misericordia potessero scendere su di me! Io sono il mussulmano e vado tra le masse, o meglio, ci sono andato qualche anno fa. Oggi, però, ci sono presenze ultime, molte, troppe, insensate per questo. Avrei voluto essere benedetto da Allah, anzi lo vorrei, giusto per evitarmi questa nausea provocata dalla girandola delle ultime presenze, appunto. Vorrei davvero che esistesse Allah il profetico e il misericordioso, colui che divino vive in assoluta complicità con la storia degli uomini, perchè si fece rappresentare da un uomo e non da un figlio, da un latro da sé, alieno per natura. Solo così Allah riesce a essere ciò che è in quanto è, vale a dire, l'essere in essenza ed è l'unico a poter dire senza mentire: io sono l'origine.

pagina precedente